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Lutto, anche con sorriso cordiale che non c'è per altri ridicoli allarmi

Gianni Gennari giovedì 29 novembre 2018
In pagina multipla unanime la scomparsa di Bernardo Bertolucci. Non posso dire di conoscerne seriamente e direttamente la grandezza: mi sono interessato di cinema e religione alla celebre scuola dei Gesuiti della Gregoriana Taddei e Baragli, e quindi i Dreyer, Bergman, Bresson, Buñuel e poi di persona Fellini, conosciuto grazie alla lunga amicizia di Angelo Arpa, altro gesuita di quella “scuola”. Ma l'annuncio della scomparsa di Bertolucci è anche occasione di un sorriso. Su “Repubblica” (27/11, p. 6) in prima persona «Il ricordo di Marco Bellocchio», altro grande in attività: «Io descrivevo l'Italia, lui aveva uno sguardo internazionale. Quando mi sorpassò provai una grande indivia». “Indivia”? Proprio così: un'insalatona! Venialissimo, perché il correttore automatico non poteva segnalare l'errore, e il sorriso è cordiale. Nessun sorriso, invece, per il cumulo di incompetenze e malignità strumentali lette a proposito dei cambiamenti nelle traduzioni del Padre Nostro e del Gloria nei testi liturgici. Tra tanti per esempio “Il Giornale” (25/11, p. 22) e ieri in rete “La Bussola” (28/11) dove qualche illetterato e incompetente in materia dà l'allarme così: «Quella partita sulla dottrina dietro lo scontro sul “Padre Nostro”»! Capito l'inganno? Insomma: la “Chiesa di Francesco” – loro la chiamano così forse per non averne mai avuta una davvero vissuta dall'interno – starebbe smantellando il prezioso tesoro della fede cristiana e cattolica conservato intatto per venti secoli e poi rinnegato – nientemeno dal Vaticano II in poi – con una serie di cambiamenti che per qualche potente nostalgico del “mondo” mondano mettono in discussione poteri e soprattutto averi e privilegi a danno degli “uomini amati da Dio”, come giustamente si propone nel “Gloria” per la traduzione del termine eudokìa. Incompetenti, e prepotenti, allo sbaraglio.