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ll catenaccio del Trap per legare il Barça

Italo Cucci venerdì 15 marzo 2013
«Vuoi mettere Guardiola?». Stavo guardando la Champions, l'altra sera, quand'è comparso sul video Giovanni Trapattoni in veste di opinionista (a proposito, buon compleanno, Giovannino...) e senza neanche sentire quel che stava dicendo ho esclamato, pieno di nostalgia: «Lui non avrebbe perso, al Camp Nou». E l'altro a tirarmi fuori Guardiola che naturalmente è come se avesse già vinto tutto, al Bayern, ancora prima di sedersi in panchina, anche se nel frattempo i tedeschi stravincono in campionato e avanzano in Champions senza di lui. Perché Guardiola vince anche senza esserci. Ricordate Milan-Barcellona due a zero all'andata? Dissero che era colpa anche dell'Anonimo Catalano che sedeva in panchina e - dicono - riceveva consigli telefonici da Vilanova from New York, ma forse anche da Guardiola da chissadove, ma vuoi mettere essere a bordocampo? È lì che si guida la squadra, altro che, ma se poi il tecnico non vale, c'è poco da fare... Chiacchiere a gogò, anche da pseudocompetenti, come quello che mi dice «vuoi mettere Guardiola?» e fa parte di quella ciarliera maggioranza di disfattisti che quando parlano del Trap ridono del gatto nel sacco, e del suo soggiorno alla guida del Bayern ricordano solo anatemi teutonici in salsa lombarda e quello Strunz che ancora vaga nelle memorie, dimenticando la vittoria in campionato e in coppa e l'ammirazione che avevano per lui, al punto di richiamarlo. Vuoi mettere Trapattoni? Lui sarebbe andato al Camp Nou con il Milan in vantaggio due-a-zero approntando un catenaccio meraviglioso, ignorando i consigli degli intellettuali del pallone che invece hanno convinto Allegri ad affrontare il Barcellona a viso aperto giusto per farsi schiaffeggiare quattro volte. Ho letto che il Milan ha raramente osato portarsi all'attacco, ed è vero, ma solo perché aveva mandato in campo tre punte cui gli avversari hanno impedito di giocare, trovandosi nel contempo scoperto anche in difesa, dove Messi & C. entravano come il coltello nel burro. Se si fosse presentato con intelligenti e naturali barricate e viva attenzione al contropiede, il Milan avrebbe forse perduto la partita, ma non l'onore, non avrebbe trasformato una grande battaglia in una barzelletta. Non bisogna vergognarsi di giocare italiano, è un vantaggio che si ha su qualsiasi avversario, anche il più forte; puoi tentare di affrontare il Barcellona alla pari se hai la stessa dotazione di uomini di qualità, di campioni, di top players; preparàti alla sfida infernale da giocare con tutte le armi, anche con una difesa ad oltranza, i tuoi ragazzi, caro Allegri, avrebbero esibito ben altro spirito, e invece tremavano sottoMessi (ok Gazzetta) e gli s'annebbiava la vista anche quando Mascherano offriva a Niang il pallone della vittoria. Ragazzini spaventati, Faraoni spennati, anziani da pensione: bella soddisfazione buttare via un due - a-zero tradendo una squadra che ha conquistato più allori di tutti in Europa e nel Mondo credendo nell'italico calcio che non sempre fa spettacolo ma spesso fa vincere. Non c'era Guardiola, non c'era Vilanova, ho apprezzato l'Anonimo Catalano - Jordi Roura - che per mettere sotto il Milan ha ridimensionato il titiquetitoque, ha raddoppiato la velocità del gioco, ha incentivato il pressing, ha frenato i ricami e sollecitato l'aggressività. Così si vince. Anche senza il guardiolismo. Così si perde, senza il trapattonismo.