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Libri sì o libri no? La “Parola” vive comunque

Gianni Gennari sabato 28 aprile 2012
Piccolo spunto. Ieri Camillo Langone ("Il Foglio", p. 2) su un pensiero di Marino Sinibaldi, direttore di Radio3 Rai: «Di leggere i libri sta venendo meno il tempo». Fare a meno dei libri? Pur noto bibliofilo Langone applaude, ricorda che Gesù «non scrisse mai un libro, neppure un articolo» e conclude: «Quello che conta è la parola, che sia scritta, detta, dipinta o cantata è un dettaglio». Si può discutere, ma qui una nota personale. Non conosco Langone che so credente convinto, e invece in anni lontani, tra i 70 e gli 80, alla Rai di via Asiago e dintorni ho incontrato spesso Sinibaldi, che so non credente. Ebbene: a me, salvo sui temi puri e semplici di fede ed etica cristiana affermata, capita di trovarmi molto spesso d'accordo con tanti pensieri e ricerche, interrogativi e proposte di Sinibaldi, mentre mi trovo quasi sempre collocato all'opposto di Langone. La cosa mi fa ripensare a un tema molto discusso tra società e Chiesa negli anni del Concilio e seguenti, cioè al rapporto tra fede cristiana e cultura umana. La fede cristiana non è come tale "una" cultura, ma può abbracciare tutte le vere culture degne dell'uomo: ragione, sentimenti, ricerca, speranze, valori... E la cultura come tale non include necessariamente la fede, ma non deve rinunciare a nulla di autenticamente umano, anzi, se accoglie liberamente l'annuncio di fede affidato da Cristo ai suoi, e avendolo accolto lo mette in opera e lo rilancia a tutti, purché lo faccia con il criterio autentico dato fino dagli inizi: «Sempre pronti a rispondere a coloro che vi chiedono le ragioni della speranza che è in voi, ma con gentilezza e rispetto, con coscienza pulita» (1 Pt. 3, 15.16). Pensiamoci su.