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Le mafie han messo radici anche nei campi

Paolo Massobrio mercoledì 5 dicembre 2018
Ennesimo comunicato di Coldiretti sul tema agromafie. Lo spunto lo ha dato la notizia del fermo di 46 persone a Palermo interessate in qualche modo a traffici illeciti nel campo agroalimentare. E mentre arrivava questa notizia, il sottoscritto stava moderando un dibattito proprio sulle agromafie a Treviso, presso la Camera di Commercio, dove il presidente di Coldiretti Giorgio Polegato ha detto: «La filiera l'ha creata prima la mafia, per radicarsi in questo settore». E difatti la malavita si occupa di agricoltura, produzione, trasformazione, fino alla ristorazione. In questo modo vengono distrutti la concorrenza e il libero mercato legale, ovvero l'imprenditoria onesta. Ma la peggio ce l'hanno la qualità e la sicurezza dei prodotti, con esiti che minano non solo la salute di chi li consuma, ma la stessa reputazione del Made in Italy. Di questo si è ovviamente discusso a Treviso nel suddetto convegno, intitolato "Il consumo consapevole come metodo di lotta alle agromafie". L'intervento del professor Marcello Fracanzani, che fa parte del Comitato scientifico sulle agromafie, è stato particolarmente illuminante, soprattutto quando ha affrontato il tema della fragilità del mondo agricolo, che non riesce a contrastare i fenomeni con tempestività e per vincere ha come unica arma l'identità, ossia l'originalità del proprio prodotto. "Fragilità" per esempio significa che l'andamento dell'annata agraria può a volte creare problemi di liquidità finanziaria, per cui in certi casi si diventa sensibili a offerte di commercio illegale. Lorenzo Biagi, filosofo, ha invece citato due dati presi da un sito che si dedica all'anticorruzione, da cui si evince che l'82% degli italiani è convinto che da noi si rubi di più rispetto a vent'anni fa e addirittura il 90% dichiara che davanti alla corruzione preferisce tacere e non fare alcunché... Dunque corruzione e omertà, che si alimentano nella paura e nell'insicurezza; e poco importa se sempre il dottor Biagi abbia riportato il curioso risultato di uno studio svizzero, secondo il quale chi fa della disonestà la sua attività consuma precocemente le cellule neurali. Delinquere non conviene, eppure il giro d'affari delle agromafie è salito a 21,8 miliardi di euro, con un aumento del 30% rispetto al 2017. E, siccome l'agroalimentare italiano è in buona salute, prolifera ancora di più l'illecito. Cosa serve per invertire la rotta? A Treviso si è parlato di cambio di mentalità, che resta un sogno se non è indicato a chiare lettere da una legislazione che vuole la trasparenza di tutta la filiera. Pena l'impossibilità, per qualsiasi progetto economico, di restare sul mercato. La corruzione erode l'impresa e subito dopo anche la qualità stessa del prodotto. Ma se su questi temi si pensa ancora a un'Italia a due velocità e si resta inermi di fronte a un'analisi ormai obsoleta. Serve qualcosa di autenticamente credibile affinché l'uomo onesto possa tornare ad essere maggioranza. E a lavorare.