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Le lobbies e il rischio della "sindrome della strega"

Francesco Delzio sabato 2 febbraio 2019
Nell'era del populismo, le lobbies interpretano spesso il ruolo che nel Medioevo era attribuito alle streghe da portare al rogo. Allora più alte si sprigionavano le fiamme, più forte diventava il clamore del popolo, più intenso sarebbe stato il consenso nei confronti delle pubbliche autorità. Oggi, mutatis mutandis, non c'è nulla di più facile e redditizio per la politica che attaccare le lobbies (vere, presunte o inventate di sana pianta), proponendole alla gogna della pubblica opinione come responsabili di ogni problema che angustia i cittadini. Con la conseguenza di oscurare il vantaggio principale che le lobbies possono portare alla vita democratica: il miglioramento della qualità della regolamentazione, soprattutto con riferimento a mercati complessi, mediante lo stock di informazioni e il supporto tecnico fornito al legislatore.

Eppure, non tutto il mondo è paese. Negli Stati Uniti il 2018 è stato l'anno record delle spese per attività di lobbying sostenute da Amazon, Google e Facebook. Quanto più si addensano sulle web companies nubi legate alla regolamentazione, al rapporto con il fisco e alla percezione dell'opinione pubblica, infatti, tanto più cresce il volume delle risorse investite per conquistare il consenso di politica e stakeholders: ben 21,2 milioni di dollari nel caso di Google, 12,62 per Facebook, 14,19 milioni per Amazon. Cifre imponenti, che possiamo conoscere grazie alle comunicazioni ufficiali inviate dalle "big three" alla SEC. Peccato che nulla di ciò sia possibile in Italia, a causa della mancanza di una regolamentazione che favorisca (o meglio, imponga) la trasparenza.
Altra arma fondamentale per superare ogni forma di pregiudizio sulle attività di lobbying è la formazione. Sono pochissimi nel nostro Paese i corsi universitari e post-universitari sul tema,
nonostante si tratti di una professione che offre oggi opportunità qualificate presso grandi e medie aziende, organizzazioni e agenzie specializzate. Ma qualche risposta di qualità esiste. In Luiss, dieci anni fa, ho avuto la possibilità di fondare il Master in Relazioni Istituzionali, Lobbying e Comunicazione d'Impresa: nato come esperimento pionieristico (a partire dall'uso del termine "Lobby" nella definizione ufficiale del Master), è diventata la prima "scuola dei lobbisti" in Italia grazie ad un modello formativo che integra diritto, economia e comunicazione. Perché il lobbista "trasparente" dev'essere, anzitutto, competente e consapevole delle proprie responsabilità. E capace con la qualità del suo lavoro quotidiano di battere la "sindrome della strega".
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@FFDelzio