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Le giovani sardine e gli altri animali politici

Umberto Folena domenica 8 marzo 2020
Sardine: parolaccia per i detrattori, i fan di Salvini; d'altronde tra un Capitano e un branco di pesci, "amo" sarà sempre un sostantivo e mai un verbo. Parolina invece per i simpatizzanti. Strette strette e fitte fitte, si danno appuntamento per la prima volta il 14 novembre scorso in piazza Maggiore a Bologna; poi in altre piazze, perché le sardine non stanno mai ferme e sono loro, stavolta, a dar la caccia al pescecane.
Tra politica e ittica, la storia è lunga e le sardine sono soltanto le ultime. Nel XIV secolo appare il delfino, che è un cetaceo, non un pesce, ma frequenta la stessa location. Nel suo stemma, il Conte d'Albon aveva due delfini blu in campo giallo. Piacevano molto, a tal punto da dare il nome, Delfinato, a quel territorio nel sudest della Francia. Nel 1349 l'appellativo "delfino" viene donato all'erede maschio del re di Francia e gli resterà addosso fino al 1830.
Da cetaceo a cetaceo, nel dopoguerra italiano appare la Balena Bianca, la Democrazia cristiana: grossa e inaffondabile, difatti finirà per autoinabissarsi forse per stanchezza, forse per mediocrità, forse per ingordigia essendo giunta a tracannare perfino l'acqua in cui nuotava, fino a spiaggiarsi. Figlio adottivo della Balena fu lo Squalo: il romanissimo Vittorio Sbardella vantava trascorsi giovanili nel Movimento sociale. I soprannomi gli si addicevano: fu "la Belva" e "Pompeo Magno". Sbardella era andreottiano. Narrano le cronache (ma attendiamo versioni alternative) che divenne "lo Squalo" per la penna di Giampaolo Pansa, che seguiva i congressi di partito, allora vere e proprie kermesse circensi, munito di binocolo, grazie al quale costruiva cronache fondate più che sulle parole dette, su quelle taciute ma rivelate dagli sguardi. Al Congresso Dc del Palaeur, nel 1989, quando nasce il Caf (Craxi-Andreotti-Forlani), Sbardella non cela la soddisfazione di aver contribuito a far fuori l'odiato De Mita ed essendo dotato di arco dentario ragguardevole Pansa lo battezza Squalo. L'appellativo non gli porterà fortuna. Morirà neanche sessantenne travolto da Tangentopoli, dai dissapori nel partito e dalla malattia.
Meno famosi sono i salmoni, come definiscono se stessi quei radicali – Della Vedova, Taradash... – che guardano a destra e vanno "controcorrente". Ben più noto il Trota, come nel 2008 Umberto Bossi definisce il figlio Renzo rispondendo a chi gli chiede se sia il suo delfino, con riferimento ai reali di Francia: no – lo sciagurato rispose – al massimo una trota. Forse qualcuno ricorda la povera spigola che un altro leghista creativo, Gianluca Buonanno, sbatté più volte sul suo banco, alla Camera, il primo aprile 2014. Protestava contro il decreto di legge che voleva cancellare il reato di immigrazione clandestina. Sua la battuta profetica: «Altro che sardine! Diamo spigole ai nostri pensionati».
Ed eccole dunque le sardine, amate o esecrate, ma belle strette e compatte, a cui si sono subito ispirate in Finlandia le silakkaliike, le aringhe, che si oppongono alla destra dei Veri Finlandesi. Finiranno nel barile e nel barattolo, deliscate e salate? La sensazione è che qualche capobranco ci sia già. Che cos'è la televisione se non una scatola dove gli ospiti vanno in pasto al pubblico, digeriti e dimenticati quando l'audience appassisce e gli inserzionisti pubblicitari arricciano il nasino? Le sardine son fatte per nuotare di piazza in piazza, di strada in strada, libere e selvagge nell'oceano mare. Nell'acquario del teleschermo pensano di trovare la visibilità, ossia fama e felicità. Ingenue. I pescioni sanno che i pesciolini sono più appetitosi quando si fan divorare mentre guizzano giulivi.