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La Var? Meglio la “Luisona” di Stefano Benni

Italo Cucci martedì 22 agosto 2017
Molti parlano di Bar Sport e non sanno quel che dicono. Sociologi d'accatto dipingono luoghi dati all'ignoranza, all'intolleranza, all'incompetenza, alla chiacchiera. Ve lo dico io cos'è il Bar Sport. Al bar Dovesi di Piazza Tre Martiri, a Rimini, nei '50 si leggeva Brera sul “Guerin Sportivo” eppoi si scatenavano discussioni di politica, sport preferito dai romagnoli; al Bar Otello di Via Orefici, in Bologna, nei '60 si dibatteva di tattiche prima dell'arrivo dei maestrini dell'“a tre” e “a quattro” spesso vuoti di significato, e già si sapeva che la “zona” brasiliana era una tattica difensiva non il divertissement del Quartetto Cetra «Vava'-Didí-Pele»; a Torino nei '70 si faceva accademia da Urbani e ai Due Mondi, come a Milano all'Assassino, al Riccione e al Circolo di via Olmetto con l'extra possibilità di incontrarvi i protagonisti della domenica. Negli '80 commissionai una rubrica “da bar” a Oreste del Buono che il lunedì animava un dibattito curioso, a volte inesplicabile, fra gli avventori neri di un bar di via Libia, esperti di pallone e di moviola. Ma come dimenticare il Bar Sport di Stefano Benni le cui virtù di narratore anarchico rivelai sul “Resto del Carlino” nel '72? Come pensate di ritrovare quelle atmosfere degne di Manzoni (Carletto) e Marchesi (Marcello) e la Luisona, quella resistente immangiabile «pastona bianca e nera» protagonista del suo libro, nell'incalzante quanto immaginario “Var Sport”? Opinionisti e intellettuali (sic!) si affannano da giorni a cantare la rivoluzione calcistica della Var invocandone i contenuti etici, come se Coverciano fosse il Tempio della Verità. La Var è – lo si è appena visto – una inutile noiosa imperfetta tecnologia che Torino lancia con un ipocrita spot juventino («Ecco uno strumento che non subisce il fascino della Signora») e Crotone rilancia solo per sancire un rosso al posto di un giallo mentre a San Siro un arbitro ironico, Tagliavento, vede un rigore da solo ma accontenta il popolo (anzi la Federazione) sollecitando un'esibizione della Var “governativa”. Vale anche la pena ricordare – come tutti gli addetti ai lavori sanno, ma tacciono – che alla fine lo strumento è nelle mani di uomini. Immancabilmente originale Bologna dove la Var s'è spenta affidando oneri e onori agli arbitri muniti di walkie talkie. Il calcio, come i tortellini in brodo, ha una sola versione: il gioco. Tutto il resto è fuffa.