Rubriche

La tragedia della morte e la speranza nello «Stabat Mater» di Dvorák

Andrea Milanesi domenica 26 maggio 2013
È musica del cuore quella che scorre tra le vene melodiche dello Stabat Mater op. 58 di Antonín Dvoràk (1841-1904); che pulsa al ritmo lento di una struggente celebrazione liturgica e sembra non conoscere le leggi del tempo. È musica che nasce da un dolore tutto umano – nel giro di pochi anni al compositore boemo morirono i primi tre figli – chiamato a riflettersi nello strazio soprannaturale della Vergine Madre che assiste alla lenta agonia del proprio Figlio inchiodato sulla croce; scaturita da un sentimento che dalla disperazione terrena di una perdita lacerante si trasfigura in una domanda traboccante di speranza nella misericordia divina. Ed è anche musica che corrisponde perfettamente alla tempra d'interprete di un maestro colto e sensibile come Philippe Herreweghe, che di fronte ai più monumentali capolavori del repertorio sacro esalta le proprie doti di fine investigatore dei righi del pentagramma e delle pieghe dell'animo umano. Alla guida del Collegium Vocale Gent, della Royal Flemish Philharmonic Orchestra e di un eccellente manipolo di cantanti solisti (formato dal soprano Ilse Eerens, dal contralto Michaela Selinger, dal tenore Maximilian Schmitt e dal basso Florian Boesch), il direttore belga affronta le pagine dello Stabat Mater rivelandone il lato più profondamente drammaturgico (cd pubblicato dall'etichetta Phi e distribuito da Sound and Music): il carattere di una grandiosa messinscena in cui l'introduzione strumentale sembra quasi simboleggiare un'alzata di sipario sulla rappresentazione di una tragedia dai toni intimi e soffusi, che mantiene inalterato il suo dirompente impeto espressivo lungo tutto il suo svolgimento. «Fac ut ardeat cor meum in amando Christum Deum ut sibi complaceam» (Fa' che il mio cuore arda di amore per Cristo Dio affinché possa piacergli) intona poi con piglio deciso il basso, e il suo canto si ammanta di una crescente carica di pathos attenuata unicamente dall'intervento del coro, che ne addolcisce la tempra lirica ed eroica. Ed è proprio qui che Herreweghe trova la più perfetta consonanza con l'arte di Dvoràk; con una musica che nasce dal cuore affranto di un padre che piange la scomparsa delle sue creature e approda al cuore dell'umanità che loda la gloria di Dio.