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la traduzione del 22 luglioColloquio tra Ettore e Andromaca

Luigi Castagna martedì 29 luglio 2014
Ed Ettore rivolgendosi ad Andromaca a sua volta disse: «Mi vergogno se stando da lungi evito lo scontro, perché ho appreso ad esser forte sempre e sempre a combattere tra i primi Troiani. So bene questo io nel mio cuore e nella mia anima: verrà in futuro il giorno in cui soccomberà la sacra Ilio. Ma non mi procura tanto dolore la rovina di Troia, né la morte di Ecuba,né dei fratelli che in gran numero e forti saranno caduti sotto guerrieri avversi nella polvere, quanto è il dolore che provo per la tua sorte, il giorno in cui qualcuno degli Achei ti avrà trascinato via mentre piangi, rubandoti con violenza il giorno della libertà e vivendo in Argo, contro voglia e inesperta tu tessa la tela per opera di un'estranea regina: avrai addosso poi una dura necessità. E qualcuno guardandoti dirà: "Costei è la sposa di Ettore, che fu in battaglia il più forte dei Troiani". Così dirà un giorno qualcuno e rinnovato dolore tu proverai per il rimpianto di un tale marito a respingere i giorni della tua servitù. Ma prima terra rimossa mi copra da morto prima che io abbia a udire il tuo pianto e il tuo rapimento». E protendendo le mani richiese il figlio. Il bambino piegò all'indietro il capo verso il petto della nutrice, spaventato alla vista del padre. Risi il caro padre Ettore e rise la venerabile madre. Subito Ettore depose dal capo l'elmo e lo depose scintillante a terra. Poi baciando il figlio amato disse pregando Giove e gli altri dèi: «Concedetemi che anche questo bimbo divenga mio degno figlio ed un giorno qualcuno possa dire di lui: Costui in verità è più forte del padre! Dopo aver così parlato depose il figlio tra le braccia dell'amata sposa. Andromaca accolse il bambino sul petto odoroso, lei sorridente lui piangente. Ettore riprese nuovamentel'elmo; la sposa tornò a casa volgendosi spesso indietro a guardare. Subito giunse alla dimora ben abitata di Ettore e dentro vi trovò molte ancelle e a tutte loro suscitò il pianto: piangevano Ettore pure ancor vivo; non pensavano che sarebbe più ritornato vivo dalla battaglia, scampando alla forza delle mani argive. È fissato per ciascuno ed irreparabile il giorno fatale.