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la traduzione del 14 marzoIl culto smodato del moderno

Luigi Miraglia martedì 21 marzo 2017
«Questo è soprattutto salutare e fruttifero nella conoscenza: (…) da qui prenderai ciò che imiterai per il bene tuo o dello stato» (Tito Livio, Prefazione).
C'era una volta un uomo che, nato in una dimora grande e lussuosa, vi trascorse la vita e, per tutta la sua durata, non mise mai piede fuori casa. E che? Certo tra quelle pareti non mancava nulla che non fosse sufficiente per una vita comoda: c'erano appunto servi pronti a ogni suo comando, abbondanza e varietà di cibo, e ancora l'arredo e gli ornamenti erano tali da dilettarlo non solo per ore, ma per tutto il giorno. Perché dilungarci? Tanta era l'ammirazione per quella casa che questo bel tipo non voleva mai uscirne, anche quando, lanciata un'occhiata dalla finestra, aveva la sensazione che avrebbe potuto vivere ancor più felice fuori che in casa. Tuttavia per l'usura e l'incuria quella casa andò incontro (com'è naturale) a un'inesorabile rovina. Egli però, assuefatto da tempo alle vecchie comodità, non sentiva diminuita neppure un po' la sua beatitudine. I servi, alcuni ormai infiacchiti dall'età, altri oberati dall'eccessivo carico di lavoro, abbandonarono il padrone; quindi anche i cibi e gli aiuti iniziarono a scarseggiare. Ma quello, annebbiato dalle difficoltà presenti o con gli occhi chiusi di proposito, andava dicendo che da nessun'altra parte sarebbe stato meglio che in quel suo paradiso. Anzi, rimaneva così fermo nella sua opinione che, anche se qualcuno tra i pochissimi servi rimasti osava consigliargli di mandar qualcuno a far la spesa, egli sdegnato ribatteva: «Che rovina trami contro la mia casa? Preferisci forse vivere sotto i portici, come fanno tutti lì fuori?». Questa di certo sembrerebbe pazzia, da riportar nelle cronache degli stolti (se per caso esistessero). In realtà non mi pare si comporti diversamente chi, compiacendosi della nostra epoca come se di tutte fosse la migliore e la più evoluta, ritiene che non ci sia più nulla da cercare nell'eredità dei nostri antenati. Al contrario spesso non vedono i mali, che certo alla nostra epoca non mancano, o, se li vedono, li sottovalutano affermando che un tempo sarebbero stati anche maggiori. In breve: convincendosi in ogni maniera che ci sia toccato il miglior tipo di vita, non cercano più di meglio.