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La nuova normalità di "New Amsterdam"

Andrea Fagioli giovedì 3 giugno 2021
Il Covid è entrato anche in New Amsterdam, il medical drama sul più antico ospedale pubblico d'America, ispirato alla storia vera del Bellevue Hospital, ripartito martedì sera su Canale 5 con la terza stagione prodotta ancora dal network statunitense Nbc. Sul viso i medici e gli infermieri guidati dal giovane primario Max Goodwin (Ryan Eggold) hanno i segni (anche un po' tanto evidenti) delle mascherine. Però, come recita il titolo del primo episodio di questa edizione, si va verso «Una nuova normalità», se non fosse che per i sanitari del New Amsterdam normalità significa un boing 737 che precipita nell'East River davanti alle terrazze dell'ospedale. Non si registrano morti, solo feriti, ma alcuni in condizioni molto gravi, tanto che il pronto soccorso torna in emergenza, come ai tempi della pandemia. Inizia a fioccare il linguaggio medico e non si risparmiano ai telespettatori immagini di sangue, ferite e operazioni a tutto bisturi e divaricatori. Ma questo è, appunto, il filone centrale di New Amsterdam a cui, in parallelo, come sempre in queste serie,
si affiancano le storie personali con i sentimenti, la forza e la fragilità di ciascuno dei protagonisti. Mentre il linguaggio resta forbito e ironico, al pari di quello usato anche in un terzo filone: le difficoltà economiche dell'ospedale, dietro alle quali c'è la critica al sistema sanitario statunitense dove la ricerca della salute si paga a caro prezzo, determinando enormi disuguaglianze tra i cittadini. In questo senso New Amsterdam, a differenza di tante altre fiction del genere ospedaliero, è una serie di denuncia, con una certa dose di retorica, ma con personaggi, sia pure molto diversi tra loro, di grande umanità, tutti votati a una sola missione: prestare aiuto a chi ne ha bisogno, gratuitamente, e se possibile non più correggere bensì demolire un sistema sanitario in rovina per costruirne uno più efficace.