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La nostra patria è l'intero mondo

Luigi Miraglia giovedì 1 agosto 2019
Non appena un bambino viene alla luce, anzi forse già quando è portato ed è nutrito nella «borsa della madre», come dice Lucilio, comincia ad acquisire gradualmente una coscienza di sé: diviene, per così dire, familiare a sé stesso in maniera costante, ma lenta e impercettibile; muove il suo corpicino, estende le sue tenere membra, e, quando è approdato alle «divine sponde della luce» e ha aperto gli occhi, sperimenta le virtù dei suoi sensi e ne gode. Ben presto, però, s'accorge di non esser solo sulla terra: gli stanno affianco i genitori, ora giocosi, ora preoccupati di tutto ciò di cui egli possa aver bisogno: ed essi non solo muovono con delicatezza la culla, cantano dolcemente delle ninne nanne, agitano sonagli davanti al volto del bimbo, ma gli danno del latte se ha fame, delle coperte se ha freddo, lo consolano se ha paura. Dopo poco il bambinetto comincerà a riconoscer la madre dal sorriso, e risponderà al padre sorridente con volto gioioso.
Dopo un anno, il bambino comprenderà ormai d'aver dei fratelli, delle sorelle, dei cugini; che i genitori son congiunti con conoscenti e amici. Appena avrà principiato a frequentare la scuola primaria, vedrà i suoi compagni, che comprenderà esser simili a sé stesso, e mossi nell'animo dalle stesse gioie, dagli stessi dolori. Comincerà allora ad amare di tenero amore anche loro; e, come se fossero a lui consanguinei, si curerà con amore dei cittadini di quella patria minore, ch'è il paese o la città nella quale siamo nati: e non amerà meno i cittadini della patria maggiore, cioè tutti coloro, che son nati nella stessa terra, partecipi della stessa nazione: che alimentano e nutrono in sé le memorie, la storia, la vita di molti secoli. Se poi sarà stato educato bene con tutte quelle discipline, grazie alle quali l'età puerile riceve una formazione culturale, umana e morale, non passerà lungo tempo che comprenderà che l'intero mondo è la sua patria, e che tutti gli abitanti della terra son suoi fratelli. Cosa ch'è stata insegnata non solo da Cristo, divino Maestro, ma da Confucio; non solo lo vediamo scritto nel Nuovo Testamento, ma anche nel Corano e nelle opere degli stoici. Gli stoici, infatti, eran soliti chiamare oikeiosis, con parola greca, quell'itinerario che l'animo bene educato dell'uomo percorre partendo da sé stesso per giungere all'intero genere umano: coloro, invece, che rimangono a metà strada, l'antropologo Edward Banfield li chiamò «familisti amorali»; quelli che, fermandosi all'inizio del percorso, non hanno fatto neanche un passo verso la meta, non li riterremo altro che persone affette da un sordido e spregevole egoismo, ch'è come dire da una gravissima malattia.