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La libertà, la legge, l'aborto e i Valdesi

Pier Giorgio Liverani domenica 13 gennaio 2013
«Proprio la legge di Dio offre la massima libertà all'essere umano. Il discernimento del bene e del male è possibile là dove si sa che cosa sono il bene e il male. Nella visione biblica questa capacità l'uomo non l'ha, e quindi anche il suo discernimento è offuscato. Perciò è necessaria la parola di Dio» (intervista a la Repubblica, giovedì 10). Comincia molto bene Paolo Ricca, pastore e teologo valdese di alto livello, ma anche polemico verso la Chiesa. Quando, infatti, arriva al caso concreto – l'aborto, per esempio – usa questo concetto di libertà in un modo quanto meno discutibile: «Bisogna saper distinguere tra legge divina, legge ecclesiastica e legge civile. Non c'è nessuna legge divina che vieta l'aborto. Quella è una legge della Chiesa, che naturalmente ha il suo peso e il suo valore. Però nella Bibbia non si parla di aborto». Non è vero (vedi Esodo 21,22; Giobbe 3,16 e 5,13; Salmi 58,9; Qoelet 6,3 e 6; infine 1Corinti 15,8): non c'è una condanna esplicita, ma il significato è sempre negativo o paragonato alla sterilità. E si sa quanto questa fosse temuta e sofferta come una pena, perché ogni donna d'Israele ambiva essere madre sperando che dal suo germoglio nascesse il Messia. O si vuole dire che il "Non uccidere" (così categorico da intendere qualsiasi uccisione) o il più esplicito "Non ucciderai l'innocente" escludano la morte inflitta al più piccolo e innocente tra gli esseri umani?L'AMACA DEI SOGNI«Possibile che esista una "associazione dei telespettatori cattolici"?». Michele Serra se ne meraviglia (ancora la Repubblica, venerdì 11), forse perché non sa che i cattolici fanno politica sul serio e non soltanto in campagna elettorale. Una politica nel senso migliore della parola, che è cura e preoccupazione del bene comune e quindi, tra le molte altre cose, anche delle trasmissioni televisive. L'occasione del suo interrogativo è stata la volgare satira di Corrado Guzzanti, su La7, del sacerdozio e del suo ministero. Il bello è che Serra chiama in causa «l'intelligenza», ovvero proprio la grande assente di quell'occasione e del giudizio secondo cui «è pretestuoso, ridicolo, insostenibile disturbare il prossimo attribuendo alla "sensibilità religiosa" ciò che è semplice intolleranza di pochi e impreparati militanti clericali», anzi degli «illegittimi pretoriani della religione». Insulti a parte, queste affermazioni – e ce ne meravigliamo per Serra, che ne gode in abbondanza – ci inducono a chiedergli che cos'è l'intelligenza. Va notato, comunque, che dal titolo della sua rubrica, si deduce che Serra scrive su un'Amaca e forse sogna…CARRI VINCENTI«Da una statistica inaffidabile sembra che la percentuale dei gay in Italia abbia raggiunto l'incredibile cifra dell'80 per cento. Naturalmente tutti i politici […] si sono adeguati con le loro campagne elettorali. Molti candidati maschi si sono subito vestiti da donna, con rossetto cipria e tacchi alti. Quasi tutti i partiti parlano per ore ed ore in televisione dei diritti degli omosessuali. Alcuni hanno cambiato nome oppure adottato soprannomi tipo […] Silviettina, Bersanina e così via...». Gianni Boncompagni su Il Fatto, venerdì 11. È ironia, ma sembra verità: che i carri dei gay pride siano davvero vincenti?