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La Grande Guerra spiegata da “History”

Andrea Fagioli venerdì 9 novembre 2018
Dicevamo appena qualche giorno fa che la tv sta riscoprendo nella narrazione storica un proprio ruolo fondamentale. Facevamo l'esempio di Alberto Angela che ha portato la Shoah in prima serata su Rai 1 e parlavamo dei canali tematici come History sulla piattaforma Sky e Rai Storia che con i suoi prodotti sconfina spesso anche su Rai 3. Una conferma della positiva tendenza l'abbiamo avuta in questi giorni con il centenario dalla fine della Prima guerra mondiale. Qualcuno parla di cento anni dalla vittoria, ma i programmi visti sulle emittenti rammentate ci confermano nella convinzione che in guerra nessuno vince, tutti perdono, e quella di un secolo fa, per dirla con Benedetto XV, resta l'«inutile strage» di cui ancora oggi si pagano le conseguenze. Il documentario 4-11-1918 Fine, andato in onda su Rai Storia ci ha ricordato che la parola “fine” si è spenta sulle labbra di 650mila morti in trincea, ma anche su quelle di soldati che hanno combattuto e vissuto sulla propria pelle l'esperienza disumanizzante di un conflitto senza precedenti. La vittoria è dunque una sconfitta. Interessante, comunque, che il documentario in questione si sia chiuso con un audio propagandistico che abbiamo poi risentito in apertura del documentario successivo, quello dedicato ad Armando Diaz, l'uomo della vittoria. Propaganda, ovvero illusione. Niente di più si sarebbe poi potuto inventare. E sono proprio questi prodotti televisivi, che uniscono la ricostruzione storica alla forza suggestiva del racconto per immagini, che oggi possono aprire gli occhi a un pubblico sempre più vasto uscendo dall'angustia degli addetti ai lavori e dalla scarsa immediatezza dei manuali di storia. Provare per credere sintonizzandosi questa sera alle 22,40 su History per lo speciale al termine di una settimana dedicata alla guerra che ha cambiato per sempre il volto dell'Europa e del mondo intero. Con il titolo Apocalypse: la guerra infinita, History propone un documentario interessante per le immagini di repertorio ricolorate usando le più avanzate tecnologie, ma soprattutto per il contenuto, a tratti duro, con inquadrature forti come quelle dei volti di soldati sfigurati dai gas o dalle bombe, ma che confermano l'assurdità di una guerra che, come hanno dimostrato i fatti, non è servita nemmeno ad evitarne un'altra pochi anni dopo.