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La dura vita dei cittadini sudditi

Francesco Delzio sabato 29 giugno 2019
Dopo più di 70 anni dall'avvento della Costituzione repubblicana, possiamo affermare con convinzione di essere diventati "cittadini" (liberi) o in realtà siamo ancora "sudditi" nel rapporto con lo Stato? La questione – complessa quanto vitale per la qualità della nostra democrazia – è approfondita in modo lucido e originale in un bel libro pubblicato dall'Istituto Bruno Leoni a cura di Serena Sileoni, che ospita riflessioni ad alta intensità liberale di (tra gli altri) Susanna Tamaro, Alfonso Celotto, Alessandro Barbano, Giampaolo Galli, Nicola Rossi e Giuliano Cazzola. La tesi di fondo è spiazzante: esistono e resistono nell'Italia di oggi attitudini, prassi e regole che dimostrano una singolare continuità tra il suddito dell'Antico regime e il cittadino dello Stato democratico. «Nei rapporti con la burocrazia, con il fisco, perfino con la giustizia, nell'imprevedibilità delle continue riforme, nell'incomprensibilità del linguaggio normativo, nell'elevato rischio-Paese dovuto alla vertiginosa incertezza del diritto e delle politiche pubbliche, nel dover accettare che sia lo Stato a decidere a che ora possiamo far la spesa o quanto possiamo guadagnare…. persiste una cesura verticale tra noi e lo Stato» denuncia la Sileoni, secondo cui la neo-sudditanza del cittadino repubblicano è un fenomeno strutturale e
resiliente rispetto alle scelte dei singoli Governi. Del resto già Luigi XIV, in punto di morte, ricordava che «i Governi passano, i sovrani muoiono ma lo Stato, con le sue tare più o meno fisiologiche, resta». È impressionante la lista degli ambiti e dei casi concreti in cui il rapporto tra cittadino e potere pubblico è evidentemente asimmetrico, su cui indaga la pubblicazione collettanea. Dalla burocrazia che fin dal linguaggio ostenta una sprezzante distanza tra governanti e governati ad una giustizia troppo spesso amministrata non in nome del popolo sovrano ma come strumento di potere, dalle difficoltà tuttora esistenti per il pieno riconoscimento del diritto di proprietà alla questione fiscale, che rappresenta per molti versi il "nervo scoperto" del rapporto impari tra cittadino e Stato. Fino a raggiungere l'apice di un modello di democrazia in cui da una parte il Governo schiaccia quotidianamente le prerogative del Parlamento, che dovrebbe essere l'unico vero strumento della rappresentanza dei cittadini, dall'altra il mito della "democrazia diretta" che rischia di coprire semplicemente il mancato rispetto delle regole dello Stato di diritto. Leggendo il libro si scopre che nell'Italia odierna il cittadino è tale più nella forma che nella sostanza. E che essere consapevoli di questa nuova forma di "sudditanza" è il modo migliore per iniziare a interrogarsi sulla qualità della nostra democrazia e su quanto ognuno di noi può fare per rivitalizzarla.
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@FFDelzio