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La crisi non beve il vino novello

Andrea Zaghi sabato 7 novembre 2009
Un fatturato di tutto rispetto per un settore di nicchia che può, però, insegnare molto al resto dell'agroalimentare italiano. È questo il messaggio lanciato dal vino novello con i suoi 40 milioni di euro di giro d'affari, totalizzato da quasi 250 produttori, la cui commercializzazione è iniziata da due giorni. Un messaggio fatto di buon marketing e sostenuto da un buon prodotto che ogni anno si ritaglia una quota dignitosa del mercato enologico nazionale.
È l'esempio di un prodotto che nasce e si consuma sull'onda dell'attimo giusto in negozi, ristoranti, enoteche, winebar e vinerie che, al momento della commercializzazione, espongono orgogliosi l'annuncio della presenza delle sue bottiglie che, fra l'altro, devono assolutamente essere bevute entro sei mesi pena la perdita di tutte le caratteristiche di profumo e gusto che lo caratterizzano. Con tutti i riti del caso: prima l'attesa e poi la corsa all'acquisto da parte degli appassionati. E con tutte le classifiche consuete. Prima fra tutte quella che nasce dall'eterno confronto con il concorrente francese (il Beaujolais nouveau), che quest'anno fra l'altro arriverà due settimane dopo e quindi si potrà assaggiare solo a partire dal 19 novembre. Ma si tratta di riti e classifiche dai significati economici ben precisi. Anche se " come per esempio ha fatto notare la Coldiretti rilevando l'anticipo dell'Italia sulla Francia " il primato temporale nostrano non intacca quello della Francia, pur tenendo conto che i cugini transalpini hanno già dovuto subire nel 2009 il sorpasso storico della produzione italiana di spumante sullo champagne.
Ciò che più conta, tuttavia, è il modello di consumo del novello. Leggero, con poco tasso alcolico (11 gradi) e bouquet aromatico, questo vino viene consumato soprattutto dal pubblico dei più giovani in abbinamento con i prodotti autunnali, dalle caldarroste ai prodotti tipici del territorio come salumi, verdure in pinzimonio e formaggi piccanti a pasta molle, degustati in casa o in pizzerie, enoteche, winebar, ristoranti e nelle piazze dove sono numerose le Sagre e le Feste paesane dedicate al prodotto. Non quindi un vino coperto di tradizione e di nobiltà, ma
qualcosa di molto vicino ad un prodotto nato da un'idea azzeccata di tecnica
enologica traghettata nel mondo del marketing e della moda. Tutto concentrato in poco tempo e in un territorio ragionevolmente limitato. Quasi la metà della produzione, infatti, arriva dal Veneto e dal Trentino, mentre a seguire si posizionano la Toscana, la Sardegna, l'Emilia Romagna e la Puglia. La produzione italiana è fra l'altro caratterizzata da novelli monovitigno con l'utilizzazione di un'ampia gamma di vitigni autoctoni (Teroldego, Ciliegiolo, Nero d'Avola, ecc.) anche se quelli più utilizzati sono i comunissimi Merlot, Sangiovese, Cabernet, Montepulciano e Barbera.
Buon prodotto e buona promozione quindi, fanno del novello un caso da seguire da vicino da parte di tutti.