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LA CITTÀ VECCHIA

Andrea Pedrinelli venerdì 1 settembre 2017
Mai fidarsi, dei grandi cantautori. Li si ascolta perché ci guidino finalmente a capire le miserie dell'umanità, in modo da giustificare la nostra voglia di indignarci e riscattarci, e solo in apparenza loro ti accontentano. «Nei quartieri dove il sole del buon Dio non dà i suoi raggi, una bimba canta la canzone antica della donnaccia… Gonfi di vino quattro pensionati al tavolino li troverai là, estate e inverno: a stramaledire le donne il tempo ed il governo… Vecchio professore, cosa vai cercando in quel portone? Forse quella che sola ti può dare una lezione, quella che di giorno chiami con disprezzo pubblica moglie, e di notte stabilisce il prezzo alle tue voglie… Se ti inoltrerai lungo le calate dei vecchi moli, troverai i ladri gli assassini, e quello che ha venduto per tremila lire sua madre a un nano». E ora che la nostra indignazione già freme, ecco che il grande cantautore ci spiazza . Perché uno come Fabrizio De André non dimentica mai la pietà. Anche conducendoci nelle viscere più sordide de La città vecchia del peccato, si ricorda e ci ricorda che siamo tutti uomini, fragili e bisognosi d'amore allo stesso modo. E alla fine canta… «Se giudicherai li condannerai: ma se li cercherai fino in fondo, se non sono gigli son pur sempre figli, vittime di questo mondo».