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La Chiesa guarda al Crocifisso e mai lo usa come arma che divide

Gianni Gennari sabato 1 dicembre 2018
Ieri “Giornale” (p. 20): «La Chiesa teme il Crocifisso». Titolone tutto maiuscolo per Stefano Filippi. Che dire? È libertà di stampa e di opinione, ma qui qualche postilla. Se infatti c'è uno che dice di essere Napoleone e vuole dimostrarlo con il braccio infilato nella giacca, ma non spara e non pretende di montare su un cavallo, che non c'è, al massimo pensi alla legge Basaglia. Nel merito, però, capisco che Filippi parla della Chiesa cattolica che c'è anche oggi, e ricordo che qui l'altro ieri ho scritto di grandi del cinema e tra essi di Luis Buñuel (1900-1980) che si diceva “ateo per grazia di Dio” e allora constato che “per disgrazia” di Dio stesso c'è chi si pretende credente mentre cancella il volto del Dio vero, quello della “Chiesa” di sempre. Ebbene: in uno dei suoi capolavori più brucianti, “Viridiana”, Buñuel fa vedere un Crocifisso che diventa pugnale, e dunque che si pretende arma d'offesa e di divisione, di negazione dell'altro, di allontanamento degli altri che diversamente pensano e vivono. Dunque su qualche giornale non si è ancora capita la ragione profonda per la quale, nel corso del Giubileo del Duemila, san Giovanni Paolo II ha chiesto un “grande perdono” a nome di chi nel corso dei secoli, anche usurpando il ministero della Chiesa, ha potuto usare il Crocifisso per dividere, per separare, per affermare un potere tutto terreno. Ecco: oggi la Chiesa cattolica, la stessa di sempre, guarda a Cristo crocifisso e «teme», sì, quell'altro uso del Crocifisso, più o meno voluto che appaia, e ricorda che tutti gli uomini sono oggetto della eudokìa, la volontà buona e salvifica che ricordiamo nel Padre Nostro. Usare comunque il Crocifisso, su una parete o altrove, come pugnale per escludere è un sacrilegio purtroppo in passato frequente, e oggi una pazzia, anche se per fortuna trattata senza asprezze, grazie alla legge Basaglia...