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La battaglia aperta sul vino

Vittorio Spinelli sabato 29 maggio 2004
Non c'è dubbio. Ormai sul vino è battaglia aperta. E non poteva che essere così, visto che questo prodotto è ancora uno dei pochi che riesce ad avere qualche successo sui mercati. Anche se pure le più belle etichette della vitivinicoltura nostrana stanno risentendo non poco della situazione economica difficile: la critica situazione sui mercati USA ha molto da insegnarci. Eppure, quello del vino continua ad essere uno dei business più ambiti. Basta guardare a ciò che accadrà questo fine settimana ed agli ultimi dati messi in circolazione. Stando ad un sondaggio condotto da Winenews, per esempio, il solo turismo del vino anima ormai un giro d'affari di qualche milione di euro. Quelli che vengono chiamati "enonauti" non rinunciano, per esempio, a spendere anche 500 euro per una due giorni fra vigneti, cantine e bottiglie. Mentre una cena a base di vino la spesa per la maggioranza delle persone arriva anche a 45 euro a testa. E si tratta in genere di gente di un certo reddito, di una determinata cultura, magari giovani quanto basta per lanciarsi in un'avventura enologica, ma abbastanza "dotati" economicamente per non viverla solamente in una osteria di second'ordine. Dati che devono far pensare, anche perché sempre di più il vino è preso come locomotiva per trainare con se' tutto un territorio. Con tanto di iniziative collegate. Come Cantine Aperte che si svolge domani in tutta Italia con oltre mille cantine che aderiscono al Movimento del Turismo del Vino. Un vero e proprio appuntamento per gli appassionati a cui se ne associano innumerevoli altri. Come, per esempio, il piemontese Moscato Wine Festival. Tutto mentre il Salone del Vino di Torino sbarca anche a Roma, quello di Milano (il MiWine) continua a far parlare di sé all'estero e il Vinitaly affina le tradizionali armi a sua disposizione per continuare ad affermare la sua preminenza. Ma è tutto oro quello che luccica? Ovvia la risposta: no. Proprio gli stessi appassionati indicano le magagne e le cose da rifare. Comuni, fra l'altro, a tanta parte del mondo nato fra prodotti tipici e territorio, fra agriturismo e agroalimentare. Cose che non funzionano e che possono individuate da pochi termini: improvvisazione, prezzi alle stelle, individualismo, scarsa preparazione, cattiva accoglienza, pochi controlli su chi fa le cose per bene e chi no. Chiaro il rischio che la vitivinicoltura italiana sta correndo: trascinato dall'entusiasmo e dai successi di alcuni (pochi), il comparto potrebbe trovarsi improvvisamente con i consumatori che voltano le spalle ai prodotti migliori. Senza contare gli altri problemi che assillano il settore. La massa dei vini da tavola, per esempio, continua ad essere in sofferenza, mentre la concorrenza dei produttori stranieri (da quelli australiani a quelli più vicini a noi), è sempre attenta a coglierci in fallo. Insomma, il vino è un prodotto di successo ma occorre andarci cauti ad alzare il gomito.