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L'UTERO, DIO, L'IO

Marina Terragni mercoledì 14 giugno 2017
Ho una certa scorza, ma con i miei limiti. Avrei voluto scrivere d'altro stamattina, ma sono ancora sottosopra.
Non riesco a non pensare al dibattito a cui ho preso parte in una libreria Lgbtq eccetera. Dove mi è toccato ascoltare un padre arcobaleno sostenere che la "sua" surrogata californiana sì, avrà preso anche dei soldi, ma quel bambino su commissione l'ha fatto in quanto cristiana e chiamata da Dio.
Ho rinunciato a sguainare del tutto la spada: avrei voluto qualche dettaglio sulle circostanze della chiamata. C'era stata un'apparizione, o che so io? Si era presentato un angelo a incassare il fiat, o com'era andata? E insomma Dio misericordioso non solo perdona, ma addirittura incoraggia e benedice il biomercato.
Ho aperto il cuore, piuttosto, e ho detto che mai mi ero sentita tanto umiliata e calpestata. Che mai avrei pensato, dopo tanto lungo battagliare al fianco delle minoranze sessuali, di dover subire una simile ipocrisia e di essere guardata da questi fratelli neo-patriarchi come mera gestante, contenitore, prestatrice d'opera, deficiente abnegata al loro servizio.
Che nemmeno i più prepotenti fra i maschi eterosessuali mi hanno mai fatta sentire così, perché quanto meno mi hanno amata o hanno finto di amarmi.
Poi uno ha concluso che «le donne sono tutte p...»: ormai nemmeno nei peggiori bar di Caracas. E va be'. Serata horribilis.