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L'amore non è capirsi ma sapersi accogliere

Mariolina Ceriotti Migliarese giovedì 14 marzo 2019
«Non riesco più a capire mio figlio (figlia/marito/moglie)».
Questa frase viene sempre pronunciata con una sorta di doloroso stupore: qualcuno che sentivamo molto vicino, con cui siamo legati da un rapporto speciale, improvvisamente ci risulta lontano, talvolta quasi estraneo. Si è creata una distanza che non potevamo prevedere: non riusciamo più a "capire", o non ci sentiamo più capiti. Capire è una parola interessante per le relazioni; la sua origine è il latino capio, che vuole anche dire afferrare. Il suo significato è dunque collegato all'intuizione, all'immediatezza: vuol dire arrivare rapidamente al cuore di qualcuno e mettersi in sintonia con lui in modo naturale, senza bisogno di un particolare sforzo. Capirsi stabilisce un senso di appartenenza e consonanza reciproca molto potente e gratificante, che è reso possibile da elementi di somiglianza; per questo i genitori sentono di capire il loro bambino: le madri, soprattutto, sono certe di conoscerne emozioni, sentimenti e pensieri, che intuiscono senza bisogno di parole.
E sempre per questo, nell'innamoramento si sperimenta una magica sensazione di reciproca, speciale possibilità di capirsi: le differenze appaiono come annullate dalla capacità di arrivare al cuore dell'altro e di intuire il suo vero valore, lasciando cadere come marginali tutte le cose che potrebbero dividerci. Ma quando il bambino inizia a trasformarsi in adolescente, o quando dalla fase di innamoramento si passa alla quotidiana condivisione della vita, dobbiamo fare i conti con l'emergere inevitabile delle differenze: il bambino che credevamo di conoscere così bene rivendica spazi di intimità nuovi, alla ricerca di una identità davvero personale; il marito (la moglie) di cui siamo innamorati rivendica la possibilità di esprimere anche i lati di sé che ci sono meno simili e che aveva momentaneamente accantonato per noi.
Ecco allora il doloroso stupore del non capire; l'altro in realtà continua sempre ad essere sé stesso, ma ora l'intuizione non può più essere sufficiente, perché la differenza rende problematico il capirsi e rende necessarie
pazienza, curiosità e disponibilità a mettersi in discussione, se non vogliamo che nella relazione si insinui una crescente distanza. Che fare allora? Per metterci sulla strada giusta ci serve una parola diversa, e questa parola è il sinonimo "comprendere". La cosa davvero interessante dei sinonimi è che non esprimono mai esattamente la stessa cosa e che proprio grazie all'infinita ricchezza della nostra lingua il loro uso permette di dare vita a percorsi diversi di pensiero, che possono aprire strade nuove anche alle nostre azioni e dunque alla vita. La differenza tra "capire" e "comprendere" è in questo senso davvero interessante. Se capire è vocabolo di intuizione e immediatezza, comprendere è invece parola di lentezza e riflessione. È una parola composta (com-prendo) che ci suggerisce di fare spazio all'altro e di avvicinarci a lui accettandone la differenza. Comprendere richiede tempo, volontà e anche un po' di fatica per superare le distanze, ma apre una possibilità; se non sempre è possibile trovare la sintonia necessaria per capire, comprendere è invece sempre possibile. Possiamo fare spazio all'altro e prenderlo con noi: comprenderlo, appunto.
Nei rapporti importanti abbiamo bisogno di tutte e due queste parole, che si alternano e si accompagnano: sia la relazione di coppia che quella con i figli iniziano con il capire, ma possono proseguire solo grazie al comprendere: comprendere che l'altro è, davvero, profondamente diverso, e che la sua differenza merita uno scambio fatto di curiosità e rispetto. La misura dell'amore allora non è più "capirsi", ma accogliersi dando credito alla differenza, che può suscitare domande nuove e aprire nuove prospettive. Si tratta di accettare la legittimità delle differenze: l'amore è là dove permettiamo all'altro di essere se stesso, e dunque diverso da noi. Per scoprire che, se gli rinnoviamo la fiducia, torneremo ancora a sperimentare splendidi momenti nei quali capirci al di là di ogni parola.