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L'alimentare tira l'export Ma da solo non basta

Andrea Zaghi domenica 21 febbraio 2021
Un altro primato nonostante tutto. Stando agli ultimi dati, le vendite all'estero di prodotti agroalimentari italiani hanno raggiunto nel 2020 il valore di 46,1 miliardi di euro. Un risultato eccezionale, raggiunto a dispetto della pandemia e della crisi economica conseguente. Diete mediterranea (e di fatto italiana), sugli scudi, quindi. Anche se è vietato accontentarsi di quanto raggiunto fino ad oggi. I numeri dicono tutto. L'aumento delle esportazioni agroalimentari nazionali è stato dell'1,8% in netta controtendenza al crollo generale del 9,7%. A primeggiare, pare siano stati particolari prodotti come le conserve di pomodoro (+17%), la pasta (+16%), l'olio di oliva (+5%) e frutta e verdura (+5%) che hanno raggiunto in valore il massimo di sempre. In calo del 3% sono state invece le spedizioni di vino italiano nel mondo duramente colpite dalla chiusura dei ristoranti. In prima fila, come di consueto, alcuni ricchi mercati come quelli degli Usa e della Germania. Senza dire di quelli asiatici, inferiori in termini assoluti ma molto promettenti. Dietro quanto accaduto, starebbe, secondo i coltivatori diretti, non solo la capacità produttiva e commerciale della filiera agroalimentare nazionale, ma anche una sorta di cambio salutistico dei mercati mondiali che contano. Un orientamento che certamente può fare molto, ma che non risolve i problemi di fondo del comparto. Anche se Coldiretti ha già spiegato: «L'Italia può ripartire dai punti di forza con l'agroalimentare che ha dimostrato resilienza di fronte la crisi e può svolgere un ruolo di traino per l'intera economia». Principio da condividere, ma che deve essere nutrito e reso operativo. Per questo, i coltivatori chiedono di «impiegare tutte le energie per superare le politiche dei dazi e degli embarghi», ma anche di «agire sui ritardi strutturali dell'Italia e sbloccare le infrastrutture che migliorerebbero i collegamenti tra Sud e Nord del Paese, ma anche con il resto del mondo per via marittima e ferroviaria in alta velocità, con una rete di snodi composta da aeroporti, treni e cargo». Sono alcuni dei vecchi nodi che legano da decenni lo sviluppo a dover essere sciolti. La “bolletta logistica” e la “bolletta energetica” costano troppo per le imprese. È da questi problemi che occorre ripartire. Impresa non facile. Anche se i fondi in arrivo dall'Europa potrebbero cambiare molte cose. Sempre che vengano ben spesi.