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L'aiuto straniero ai nostri campi

Andrea Zaghi sabato 16 gennaio 2010
L'agricoltura italiana è anche extracomunitaria. Proprio così: i campi del "bel Paese", producono qualità sopraffina anche per merito di imprenditori agricoli che italiani non sono. E, si badi bene, si tratta di "imprenditori agricoli", non solamente di salariati assunti a tempo determinato. In Italia, ci sono infatti circa 7mila imprese agricole condotte da extracomunitari: l'1,2% del totale. A questo dato, si affianca l'altro " più massiccio " che indica in 92mila il numero dei lavoratori dipendenti extraUe che popolano i nostri campi. Si tratta di due numeri che devono far pensare, soprattutto dopo i fatti di Rosarno, e al quale va affiancato quanto rilevato dalla Coldiretti: l'agroalimentare Made in Italy rappresenta circa il 15% del Prodotto Interno lordo (PIL), e colloca il comparto secondo solo a quello manifatturiero.
A gestire le imprese agricole sono dunque " secondo quanto fatto notare dalla Cia-Confederazione italiana agricoltori che ha tratto i dati dall'ultimo rapporto Inea sul lavoro degli immigrati " anche tunisini, marocchini, albanesi, montenegrini, macedoni e serbi. In poco meno di dieci anni, inoltre, il numero delle aziende condotte da extracomunitari è cresciuto di oltre il 40%. È un fenomeno che inizia ad essere importante, quindi, e che si oppone all'immagine, diffusa e basata anch'essa su dati di fatto, della presenza spesso clandestina degli immigrati in agricoltura. Guardando proprio alla manodopera, i lavoratori dipendenti sempre extracomunitari (18.000 a tempo indeterminato e 74.000 a tempo determinato), provengono in particolare dal Marocco, dall'India, dal Pakistan, dalla Tunisia, dall'Albania. Oltre il 40% sono impiegati nella produzione delle colture arboree e nella raccolta della frutta, il 30% nella raccolta di ortaggi e pomodori, il 14% nell'allevamento di bestiame, i restanti nell'agriturismo e nella vendita dei prodotti agroalimentari. Ciò che conta, però, è che circa il 70% degli immigrati è inquadrato con contratti regolari. È storia nota, da questo punto di vista, quella del contributo determinante che i raccoglitori extraUe danno ad agricolture come quelle del Trentino, dell'Emilia Romagna e del Veneto (10%), ma anche della Campania e della Puglia. Si dice, con ragione, che se non vi fossero gli immigrati in alcune aree agricole d'eccellenza dello Stivale la raccolta dei prodotti sarebbe messa a serio rischio.
Insomma, se il modello agricolo italiano è vincente nel mondo, dove ha conquistato primati nella qualità, tipicità e nella salubrità delle produzioni " come giustamente sottolinea la Coldiretti " una certa parte del successo, seppur minima ma esistente, la si deve proprio agli imprenditori e ai lavoratori immigrati. Anzi, proprio il "modello agricolo" " quando non stravolto e viziato da fenomeni malavitosi ", potrebbe essere un esempio da seguire di integrazione riuscita. Il problema è conciliare economia e vivere civile in una forma che dia dignità a tutti.