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L'agricoltura senza (s)campo

Vittorio Spinelli sabato 12 febbraio 2005
Di fronte alla crisi dell'agricoltura, ed in particolare dell'ortofrutta, si torna immancabilmente a parlare di soldi. Da una parte, il Governo finalmente ha risposto approvando ieri un decreto legge di aiuti e sostegno per l'agroalimentare. Dall'altra, a Bruxelles, il dibattito sui fondi strutturali disponibili torna ad accendersi anche a causa dell'Italia. Il provvedimento varato dal Governo contiene misure urgenti per aiutare le imprese agricole colpite in vario modo dalla crisi di mercato e quindi dal crollo dei prezzi dei prodotti alimentari. Si tratta - ovviamente - di uno strumento che serve solamente per alleviare il dolore ma non certo a curare la malattia che ormai da tempo affligge i nostri campi. Uno strumento che, fra l'altro, doveva essere usato molto prima. «Adesso - ha invece detto il responsabile delle Politiche Agricole, Gianni Alemanno - siamo in grado di ripristinare l'intervento per fronteggiare il fenomeno per cui gli agricoltori in molte regioni d'Italia sono costretti a vendere sotto costo». Più in generale, questo testo, con un altro in preparazione sulla regolazione di mercato e sul piano di settore per l'ortofrutta, dovrebbe consentire di far uscire dalla crisi dei prezzi molte filiere di produzione agroalimentare, che tutt'oggi vivono la contraddizione di un'agricoltura pagata sotto costo e di prezzi crescenti a discapito dei consumatori. Fin qui tutto bene, sempre che adesso il Parlamento approvi nei tempi giusti il testo, che già una volta era decaduto. Tanto che le organizzazioni agricole hanno accolto la notizia della sua ripresentazione con freddi applausi. La Coldiretti ha addirittura parlato di credibilità delle Istituzioni in gioco sul territorio. Mentre la Cia chiede miglioramenti ma soprattutto niente cattive sorprese che conducano ad un secondo affossamento del provvedimento. Confagricoltura - fra le tre organizzazioni quella più vicina probabilmente al Governo Berlusconi - ha invece spiegato che si tratta di un testo «ancora assai lontano, sia in termini di risorse rese disponibili, sia di contenuti, rispetto all'ampiezza delle difficoltà che le aziende hanno dovuto affrontare». Insomma, nessuno crede più alle promesse. Anche perché, intanto, sul fronte europeo si parla con forte insistenza di tagli alle risorse destinate all'agricoltura. Specialmente quelle derivanti ai cosiddetti fondi strutturali. Un'eventualità pericolosa, visto che l'Italia trae le sue maggiori risorse dalla rubrica dello sviluppo rurale, dove raggiungiamo il 14,6% dell'intero plafond disponibile. Ma in questo caso, l'Italia sembra essere pronta a dare battaglia per non perdere ciò che è stato guadagnato in molti anni. Rimane tuttavia una considerazione di fondo da fare. Di fronte al mercato, ai prezzi pazzi, alla necessità di competere meglio, di essere più efficienti, di riuscire a conquistare nuovi spazi commerciali, l'agricoltura sembra rimanere in balìa dei giochi della politica oltre che di quelli dell'economia. Non è situazione di cui stare tranquilli.