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L'agricoltura non è per giovani?

Andrea Zaghi sabato 14 maggio 2011
In agricoltura solo il 3% delle imprese è condotto da giovani con meno di 35 anni. Il dato deve far pensare perché se è ovvio che il futuro del comparto in Italia è legato alla quantità di imprese competitive e innovative, è anche ovvio pensare che queste corrispondano più facilmente ad imprenditori delle nuove generazioni. Che, tuttavia, sono pochi. Anche se il dato percentuale va analizzato a fondo. Secondo Coldiretti, infatti, i giovani agricoltori italiani " in termini assoluti circa 49mila " sono fra i più numerosi d'Europa e al primo posto tra i Paesi più sviluppati. Ma tutto ciò potrebbe non bastare. Per questo, proprio il Movimento giovanile della Coldiretti ha organizzato per martedì prossimo un forum al quale sono attesi più di duemila delegati che dovranno ragionare attorno ad una sola domanda: come fare per avere un futuro? Perché, in effetti, non sembrano esserci soluzioni facili allo stato in cui si trova l'agricoltura giovanile in Italia, che vive una situazione che ha del paradossale. «Sotto il profilo dell'attrattività negli ultimi anni " ha già detto il delegato nazionale dei coltivatori, Vittorio Sangiorgio ", assistiamo a una domanda sempre crescente di agricoltura da parte dei giovani. Crescono le iscrizioni alle facoltà di agraria italiane: una domanda di formazione che sembra diventare subito occupazione. Il 50% degli iscritti che termina gli studi trova lavoro entro un anno». Dall'altro però la realtà non è sempre così positiva. Creare una impresa agricola, oppure rilevarne una, comporta il superamento di non pochi ostacoli: dal credito che le banche non erogano tanto facilmente, alla montagna di burocrazia che occorre dipanare, dal costo della terra, alle turbolenze dei mercati agroalimentari globalizzati, alle difficoltà che ci possono essere nel ricambio generazionale. Insomma, se il futuro agricolo è naturalmente giovane, questo affonda le radici in un passato e un presente non certo favorevoli.
Esistono anche altri motivi importanti per non disperare. Proprio le «imprese giovani» sono quelle ad avere più possibilità di adattamento e crescita anche in comparti affini a quello della pura produzione alimentare. Ed è anche vero che l'agricoltura, appena le è possibile, riesce a produrre numeri positivi in termini di prodotto interno lordo. Secondo l'Ismea, dal punto di vista produttivo il primo trimestre 2011 si è chiuso con un miglioramento della situazione. Soprattutto però, proprio in termini di Pil, il settore è stato l'unico a confermare un recupero del valore aggiunto anche nel primo trimestre dell'anno. Detto in altri termini, mentre l'andamento di industria e servizi è risultato essere stazionario, l'agricoltura è cresciuta in misura superiore alla media per effetto di una ripresa nei prezzi dopo i crolli degli anni precedenti e una sostanziale tenuta della produzione. Certo, preoccupano i costi di produzione che salgono ancora, ma le potenzialità di crescita ci sono tutte. Anche per i giovani.