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Italia-Usa, un'intesa di etichetta

Vittorio Spinelli sabato 5 giugno 2004
«Nel comparto agroalimentare un maggior peso delle produzioni di qualità e un aumento della dimensione media delle aziende possono consentire alle imprese italiane di affermarsi nei mercati esteri». A riaffermare - questo sano principio è stato, qualche giorno fa, il governatore della Banca d'Italia Antonio Fazio. Si tratta di una condizione essenziale per consentire all'agroalimentare e all'agricoltura di contribuire al rilancio dell'economia italiana. Cosa che lo stesso Fazio ha dichiarato essere possibile. Ma, dalla teoria delle Considerazioni Finali del governatore alla pratica della politica agricola e, soprattutto, alle condizioni delle imprese agricole e agroalimentari italiane il passo sembra essere ancora lungo. Anche se, occorre sottolinearlo, l'agricoltura negli ultimi mesi è stata fra i pochi settori dell'economia italiana a "tenere" sui mercati e dal punto di vista produttivo. E' importante, fra l'altro, che il governatore abbia riconosciuto il ruolo dell'agricoltura all'interno dell'economia nazionale. Rimangono tuttavia alcuni dati di fondo che non sono confortanti, anche al di là di quelli tradizionalmente agricoli. Basta pensare ad alcuni numeri sul fronte agroindustriale (forniti dall'Univeristà di Bologna) che hanno indicato i debiti finanziari a breve termine
pari a quasi il 70% del patrimonio netto rispetto ad una media europea del 40. A questo punto che fare? C'è chi - come Coldiretti - cerca la competitività anche puntando sulle aspettative dei consumatori. Per la Cia, invece, occorre tornare alla cosiddetta concertazione, un metodo «attraverso il quale anche l'agricoltura
può vedere valorizzato il suo ruolo, sviluppando la qualità e la competitività sui mercati, il rapporto con il territorio e la crescita locale». Ma, intanto, al di là delle formule, rimangono i mutamenti del mercato alimentare, i rapporti internazionali sempre più difficili e concorrenziali, la necessità di andare oltre il proprio campo per capire cosa fanno gli altri agricoltori. Per questo, forse, la firma - alla vigilia dell'arrivo in Italia del presidente degli Stati Uniti George W. Bush - di un accordo fra coltivatori italiani e farmers Usa per l'indicazione obbligatoria in etichetta dell'origine degli alimenti rappresenta molto di più che un'intesa commerciale. Il protocollo siglato fra Coldiretti e la National Farmers Union (Nfu) a Washington prevede di «esercitare, in occasione delle trattative sul commercio internazionale in sede Wto, un'azione sinergica per favorire alleanze con l'obiettivo di introdurre regole che tutelino e rendano trasparente in etichetta l'origine degli alimenti negli scambi commerciali». Insomma, per la prima volta dopo anni di guerre commerciali in campo alimentare l'avvicinamento fra i produttori potrebbe davvero essere l'inizio di una svolta nelle relazioni tra Stati Uniti e Unione Europea. Occorre adesso attendere, per verificare se tutto ciò sia solo l'ennesima raccolta di formule vuote, oppure ben altro.