Rubriche

IO NON HO PAURA

Marina Terragni mercoledì 7 giugno 2017
«Putissimu pure ammazzarlo» dice Totò Riina a un altro boss durante l'ora d'aria il 14 settembre 2013 nel carcere di Opera. Putissimo: da valutare. Come un'eventualità di routine. Sta parlando di don Luigi Ciotti, fondatore di Libera, «una stampa e una figura – dice il capo di "cosa nostra" – che somiglia a padre Puglisi» (ucciso nel 1993). Il problema è la legge sulla confisca dei beni mafiosi promossa da Libera, molto fastidiosa per il capo dei capi. Ricordiamocelo, in questi giorni.
E ricordiamoci che invece don Ciotti ha parole di compassione: «Non mi fa paura ma pena, averlo visto in barella». «Io non ho paura» può essere detto solo all'inizio del viaggio, a petto in fuori, con la baldanza incosciente della giovinezza. O alla fine, dopo aver visto da vicino e smascherato tutti i fantasmi, ed essersi convinti della loro inconsistenza.
La paura impallidisce e si stempera quando vivi davvero per gli altri e negli altri: la tua singolarità conta già poco o nulla, come individuo già non esisti più. Il tuo essere è in quelle relazioni viventi, in quel darsi da mangiare l'un l'altro, in quella fede condivisa. Sei già nel Tutto.
La paura è inutile perché è inutile la tua morte e perciò sono inutili anche le minacce: tanto tu vivi sempre, ci sarà sempre qualcuno che vive per te, con te e grazie a te. Solo chi si arrocca nell'illusione di essere individuo può avere paura. Solo in quella solitudine armata si dovrebbe avere paura.