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In un bar di periferia, testimone degli affanni della gente comune

Maria Romana De Gasperi sabato 10 luglio 2010
Fermarsi ad un bar di periferia. La macchina ti ha portato qui, perché non le avevi suggerito una meta precisa. Entrano nel locale che ha le porte spalancate due giovani ridendo e parlando forte. Ordinano un caffè e mangiano un cornetto uguale al tuo, ma che sembra molto più buono. Arriva una ragazza dalla pelle scura, quelle che tu chiami donne di colore. Ha i capelli legati con due nastri, ha fretta, ordina qualche cosa che mette in un pacchetto e corre via seccata del complimento del barista. Chissà da dove viene, chi ha lasciato nella sua terra, quale futuro sognava, di cosa vive ora. Dietro a lei una signora anziana si appoggia su un bastone, le cadono gli occhiali che un ragazzino raccoglie. Grazie, ma sai dove riparano i telefoni? Che ne so! Un po' più avanti, risponde un uomo dalla camicia scura: quello non lo sa, è ragazzo, beato lui! L'uomo porta una camicia nera e ti ricorda un tempo antico quando era obbligatorio indossarla se eri un impiegato statale, un insegnante delle scuole pubbliche... Quando avevi visto un mattino mentre uscivi da scuola, un gruppo di ebrei con le valigie fatti salire veloci su un camion guidato da uomini in divisa nazista, mentre altri in camicia nera sembravano soddisfatti di quella partenza.
Ma ecco due ragazze giovanissime che entrano parlando, guardandosi e ridendo, come se il mondo attorno esistesse solo per loro, facesse loro corona per quella mattina ancora fresca dell'aria che la notte sembrava aver dimenticato proprio li dietro quella siepe grigia di polvere. Un mondo di meraviglie che una promette all'altra, senza guardarsi attorno, senza dare un'occhiata al giornale aperto sulle disgrazie del giorno che un signore anziano legge. I titoli del quotidiano non suggeriscono niente di buono, sembra provino gusto a mettere in rilievo il peggio di noi stessi. Perché in fine è di noi che si parla, è del nostro modo di vivere che se non altro, accettiamo senza ribellarci mai. A ciascun orrore, ad ogni perversione, ogni nuovo delitto dedichiamo qualche minuto del nostro tempo e poi ognuno pensa a sé stesso ed è disposto a dimenticare ogni cosa. Lo scandalo non ha più radici, l'abitudine ha preso il suo posto, la notizia regna su qualunque altra passione. Se non ci fossero i Mondiali, la maggior parte della gente non comprerebbe neppure il giornale al mattino e si fermerebbe qui a bere il proprio caffè raccontandosi i pettegolezzi del quartiere. C'è uno che cerca lavoro e si raccomanda al barista, c'è chi parte volontario. Per dove, gli chiedono. Vado dove c'è bisogno, se non lo faccio adesso che sono giovane, allora quando? Diventa troppo tardi per ogni cosa.
Troppo tardi? Pensi, guardando te stessa che hai perduto solo i tuoi soldi che infine non avevi guadagnato da te. Troppo tardi perché ti senti stanca? Leggi cosa scriveva Madre Teresa per te: «Tieni sempre presente che la pelle fa le rughe, i capelli diventano bianchi... fino a quando sei viva sentiti viva, il tuo spirito è la colla di qualsiasi tela di ragno... non vivere di foto ingiallite, insisti anche se tutti si aspettano che abbandoni. Fai in modo che invece che compassione, ti portino rispetto... quando non potrai camminare veloce, cammina piano, però non trattenerti mai!».