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In tribunale si va con l'Inps

Vittorio Spinelli martedì 4 novembre 2003
Chiedere la pensione all'Inps, all'Inpdap oppure ad una Cassa previdenziale di liberi professionisti, richiederà un attento esame non solo della propria posizione contributiva ma anche della situazione patrimoniale. E' quanto prevede il recente decreto legge 269 del 30 settembre scorso, che aggrava il rapporto degli assicurati con il proprio ente previdenziale. Nel caso del rigetto della domanda di pensione o di un'altra prestazione, il lavoratore può chiedere che la pratica venga riesaminata percorrendo diverse fasi di contenzioso, sia a livello amministrativo sia giudiziario. Il decreto 269 interviene nel momento in cui la causa previdenziale giunge in tribunale. Stabilisce, in particolare, che il lavoratore che non vede riconosciuta la sua pretesa in giudizio non può essere condannato al pagamento delle spese e degli onorari, a meno che il suo reddito risulti superiore ad un importo stabilito. Il reddito di riferimento è quello dell'anno che precede la sentenza. Tutto questo comporta che il ricorrente, già nella chiamata in giudizio, debba certificare i propri redditi ed, in seguito, le eventuali variazioni fino a che il processo non sia concluso. Il nuovo sistema è giustificato dalla necessità di raffreddare il facile ricorso degli assicurati al contenzioso in tribunale e di alleggerire le spese di giudizio poste a carico degli enti previdenziali chiamati in causa.
Di fatto, per le sentenze emanate nei mesi di ottobre, novembre e dicembre 2003, che siano sfavorevoli al ricorrente, si dovranno ora pagare le spese di giudizio (competenze, onorari ecc.) a meno che il reddito dell'interessato, per l'anno 2002, sia stato inferiore a 18.592,44 euro lordi. L'importo indicato dal decreto si riferisce al reddito complessivo della famiglia del ricorrente. Il limite di reddito appare così elevato da escludere la maggioranza dei ricorrenti dall'esonero delle spese legali. In concreto sarà più difficile e costoso fare causa ai vari enti di previdenza. L'Inps ha già reso noto che la nuova norma si applica anche ai giudizi previdenziali in corso dal mese di ottobre. Invalidi civili. Ancora più restrittivo è lo stesso decreto nei confronti degli invalidi civili. L'art. 42, comma tre, prevede l'abolizione dei ricorsi amministrativi contro il diniego di pensioni, assegni ed altri benefici previdenziali richiesti da invalidi civili. Contro il rigetto delle relative domande, gli interessati potranno ora ricorrere soltanto all'autorità giudiziaria. Inoltre, l'atto di giudizio deve essere proposto entro sei mesi dalla comunicazione di rigetto, a pena di decadenza. La nuova disciplina, in vigore dal 2 ottobre scorso, sembra doversi applicare anche ai ricorsi amministrativi ancora giacenti presso i Comitati provinciali dell'Inps, finora competenti a giudicare la materia dell'invalidità civile. E' atteso, a giorni, un parere definitivo dell'Istituto.