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In tavola troppi cibi «anonimi»

Andrea Zaghi sabato 22 novembre 2008
Più della metà della spesa alimentare degli italiani si basa su cibi «anonimi», cioè senza particolari etichette che riferiscono della loro origine, del percorso che hanno fatto dal campo (o dalla stalla) alle tavole, delle loro caratteristiche sanitarie e nutrizionali.
Non si tratta del fallimento dei prodotti tipici, ma semplicemente di una indicazione di mercato che può dire molte cose. Prima di tutto che " anche per la congiuntura non certo favorevole " la domanda alimentare del Paese non può essere soddisfatta solamente a colpi di marchi Dop e Igp, i massimi livelli di denominazione di origine a cui un alimento può aspirare. Occorre " e i produttori ne hanno coscienza " un'applicazione più estesa e completa di leggi che ci sono già ma che chiedono la semplice indicazione in etichetta dell'origine non per tutti i prodotti. Se, infatti, l'obbligatorietà esiste già per la carne bovina, l'ortofrutta fresca, le uova, il miele, il latte fresco, il pollo, la passata di pomodoro e l'olio extravergine di oliva; manca per una serie importante di prodotti. Basta pensare alla carne di maiale, a quelle di coniglio e agnello, alla pasta, alle conserve vegetali, ai succhi di frutta, ma anche allo yogurt, ai latticini e ai formaggi non a denominazione di origine.
Dietro questa esigenza, c'è anche la necessità di evitare il più possibile il rischio che " come spiega la Coldiretti " venga spacciato sul mercato nazionale ed estero il falso Made in Italy a danno degli imprenditori e dei consumatori. Per quanto riguarda l'Italia, la denuncia dei produttori agricoli è chiara e si basa su una serie di esempi. Siamo ancora alle prese con cibi ottenuti da allevamenti e coltivazioni realizzate migliaia di chilometri di distanza dal Belpaese, come nel caso del concentrato di pomodoro cinese rilavorato in Italia o in quello dei prosciutti (quattro su cinque di quelli venduti in Italia provengono da maiali allevati in Olanda, Danimarca, Francia, Germania, Spagna senza che questo venga chiaramente indicato in etichetta).
Da qui anche una richiesta pressante da parte dei produttori: è bene che l'Italia si faccia promotrice in Europa di una nuova normativa attenta alla trasparenza anticipando quanto sta avvenendo negli Stati Uniti. Oltre oceano, spiegano infatti i rappresentanti dei produttori agricoli, lo stesso presidente eletto Barack Obama nel capitolo del programma dedicato al settore agricolo «Plan to support rural communities» individua come obiettivo immediato quello dell'etichettatura d'origine dei prodotti agricoli.
Tutto questo però non basta ancora. Perché i requisiti di salubrità, genuinità, caratteristiche alimentari minime dei cibi messi in vendita devono comunque essere garantite per ogni prodotto; mentre una certa parte dell'agricoltura si fonda ancora su produzioni indifferenziate e a basso valore aggiunto. Valorizzare l'origine ma dare garanzie per ogni prodotto è quindi la sfida dell'agroalimentare italiano che deve affrontare per davvero nei prossimi anni.