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In questa Europa che senza salvare Aleppo non salva se stessa

Maria Romana De Gasperi sabato 1 ottobre 2016
Ottobre: una nuova stagione o un ripetersi d'autunno, a seconda dell'età di chi la vive. Ieri ho lasciato il mio Trentino e, come sempre, mi sembrava di sentire le voci dei boschi che mi gridavano, perché te ne vai, non stai bene qui? Non ti piacciono i rami delle querce arrossati dall'ultimo sole, gli aghi dei larici che regalano oro prima di cadere e il verde oscuro degli abeti, che affronteranno il freddo e la neve senza piegarsi al vento? Qualcosa del mondo della tua nascita resta dentro di te anche se l'hai abbandonato, se non ne ricordi il dialetto, se hai dimenticato il disegno della tua vecchia casa. Se questo abbandono può essere il breve rammarico di chi ha il privilegio di avere un altro luogo dove vivere, cosa deve essere la distruzione interiore dell'animo di coloro che fuggono dalla povertà e dalla fame, dai bombardamenti sulle città della Siria, dalle colonne di fuoco che bruciano Aleppo, antica e splendida città nota in tempi antichi per la sua posizione che univa la Mesopotamia al Mediterraneo. Oggi tutto viene distrutto sotto un diluvio di fuoco, di bombe al fosforo, di barili di cloro sganciati a bassa quota. Ma da che parte stare se non da quella dei bambini ustionati, dei chirurghi senza più farmaci, di chi grida di dolore? Quale destino sarà quello dei popoli liberi se non sapranno trovare una voce e una volontà comune per mettere fine a una strage talmente crudele che né la stampa, né la televisione osano darne immagine. Noi europei che viviamo da alcuni anni a fianco dei rifugiati di Paesi diversi, vediamo di tutto questo soprattutto il fastidio, una nuova mancanza di sicurezza, il timore di perdere i privilegi che in tanti anni la nostra società ci ha offerto. Una lingua differente non ci aiuta a capire le sofferenze di chi ha perduto anche l'orizzonte della propria terra, di chi sa che per anni, e forse per sempre, non gli sarà possibile un ritorno. Meglio affrontare la traversata incerta del Mediterraneo in barche di fortuna e rischiare di morire nell'acqua oscura con i propri figli, col bambino non ancora nato, piuttosto che sentirli piangere per la fame e il terrore. L'odio non riesce a morire negli uomini e si manifesta ogni tanto con furia nuova, quasi a contrastare la bontà, la carità di coloro che senza compenso cercano ogni giorno di fare un piccolo atto di pace. Basta un perdono, una riconciliazione, una mano tesa a chi ti ha offeso, un abbraccio ad una solitudine.