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In fuga dal fracasso che non ci fa pensare

Umberto Folena domenica 14 luglio 2019
Io scappo, tu scappi, egli scappa. Orsù, anche quest'estate scappiamo tutti dal Grande Fracasso. O frastuono, o fragore. Rumore no, non basta. La parolaccia giusta deve cominciare per "fra". Nessuna illusione: sarà dura, perché siamo in minoranza e chi controlla le mete vacanziere è convinto che la maggioranza dei gentili clienti non veda l'ora di rilassarsi fracassandosi timpani e altri accessori.
Sarà durissima ma possiamo farcela, anche se la fuga, pure quella dei fuggitivi più navigati, presenta amare, fragorose sorprese. Non serve prenotare un albergo marino a quattro stelle: in piscina, appena ti stendi all'ombra - abbronzarsi in eccesso è volgare e la dose giusta di sole è quella che attiva la vitamina D, non che ti trasforma in un biscotto plasmon - parte il tump-tump ossessivo di qualche cosiddetta canzone, dove un tipo stonato cantilena allargando orribilmente le vocali rime baciate banali dalla metrica sbilenca. Volevi leggere un romanzo russo? Quale presunzione. Avevi prudentemente optato per un lieve romanzo storico di Valerio Massimo Manfredi (chi si porta appresso due nomi, e te li sbatte in copertina, dovrebbe dare qualche garanzia)? Consapevole dell'ardua impresa, impugni Topolino? Impossibile, il tump-tump ti strapazza i neuroni facendone strame.
Certo, il quattro stelle ormai è come il due. Meglio la spiaggia libera, remota, da conquistare affrontando tratturi bucherellati. È una sorta di maledizione: dopo cinque minuti ecco la coppia carina, simpatica, a modino, che dal borsone estrae un impianto stereo portatile e vai con il tump-tump a manetta.
Niente mare: montagna. Un prato protetto da abeti frondosi. Il garbato fruscio del vento tra le frasche, il timido cip-cip degli uccellini, il remoto dleng-dleng dei campanacci delle vacche al pascolo… Ed ecco la famiglia con figlioli devastatori, nonni petulanti, zii esperti in barbecue fumiganti e soprattutto l'impianto da discoteca che fa inacidire il latte alle vacche e precipitare le pigne agli abeti. Via, il fracasso ci ha scovati pure qui.
Ma perché alcuni, molti, moltissimi non solo apprezzano il fracasso, ma non riescono a farne a meno? Le ipotesi son millanta che tutta notte canta. Ne avanziamo alcune con timidezza, sperando di non essere tacciati (succede) di psicologismo e sociologismo d'accatto. Primo: il silenzio ti fa incontrare te stesso, ti costringe ad ascoltare le voci di dentro, cosa insopportabile per chi vive indossando una maschera e recitando una parte. Secondo: per molti, la vita consiste nel riempire i vuoti. Il tempo è un grande contenitore in cui ogni spazio va occupato, e se sono sciocchezze è meglio, meno pensiamo e meglio è. Il tump-tump riempie i vuoti meravigliosamente, e rimbambendoti ti mette al sicuro dall'insidia del pensiero. Terzo: specialmente chi vive in città è assediato dalle macchine. Lo stesso rumore del motore della nostra automobile è una serie ravvicinatissima di tump-tump: scoppi. Dai e dai, finiamo per cercare il piacere in ciò che, inconsciamente, riconosciamo. Il tump-tump ci fa sentire a casa ed è un ansiolitico di rara efficacia.
Se l'ansia invece il tump-tump ce la fa venire, al momento abbiamo solo una via di fuga da suggerire: una baita, un rifugio, una radura remoti e impervi, raggiungibili solo a piedi o, dagli addetti ai lavori, in camionetta. Oppure una località di campagna nascosta e improbabile, senza superstrade, outlet, centri commerciali, parchi acquatici nei dintorni. Certo che è un'impresa. Volevate una fuga agevole? Una vera fuga è sempre perigliosa, audace e adatta ai tenaci. Noi, quelli che amano bombardarsi di silenzio a kilotoni.