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In apnea l'Italia del biologico

Vittorio Spinelli sabato 10 settembre 2005
Agricoltura biologica nostrana addio. O quasi. Parrebbe così stando agli ultimi dati sciorinati dagli operatori e dagli osservatori del comparto. Una situazione critica, dovuta esclusivamente al mercato, e che viene messa a fuoco proprio in coincidenza dell'arrivo
dei dati Istat sul Pil agricolo del secondo trimestre 2005 dato in discesa del 3,5%. Partiamo dai prodotti biologici. Bastano tre indicazioni statistiche per capire tutto: il numero di produttori agricoli è sceso in un anno dal 15 al 28% a seconda delle fonti di rilevazione, il numero di trasformatori è raddoppiato, quello degli importatori è triplicato. Detto in parole semplici, il mercato del biologico in Italia sta sempre di più diventando il regno dei produttori esteri. E non si tratta di un fenomeno dell'ultima ora. La diminuzione dei produttori, infatti, secondo quanto evidenziato da Coldiretti, è iniziata dal 2001, quando le imprese biologiche erano circa 56.440 per arrivare oggi a 36.600. Intanto, i trasformatori sono passati da poco meno di tremila unità ad oltre seimila, gli importatori da 67 a quasi 200. A soffiare su questa tendenza, certamente il naturale e scontato assestamento del settore dopo i primi anni di evoluzione, ma anche - sicuramente - la crescita delle produzioni estere. A tutto questo, d'altra parte, si è accompagnato il rallentamento dei consumi che sta selezionando l'offerta e qualificando la domanda. E' una situazione che deve far pensare e non solo gli imprenditori agricoli. In gioco, infatti, c'è un mercato che vale pur sempre 1,6 miliardi di euro e rappresenta - secondo una indagine Coldiretti-Ispo - l'1,4% del totale dei consumi alimentari. Un mercato che, fra l'altro, se in Italia rimane incerto e titubante, nel mondo sta crescendo al ritmo del 9% e conta già 25 miliardi di dollari. Di fronte a tutto questo, la richiesta dei produttori è la solita: serve uno strumento per distinguere i prodotti nazionali da quelli esteri. Una strada già percorsa per il resto del comparto agricolo che, tuttavia, potrebbe non bastare per arrestare l'emorragia di imprese. Intanto, lo stato di salute dell'intera agricoltura non sembra volgere al meglio. Secondo i dati Istat, infatti, il prodotto interno lordo che arriva dai campi è sceso del 3,5% fra aprile e giugno di quest'anno. Secondo Confagricoltura, inoltre, il valore aggiunto del settore continua a mantenersi, anche nel secondo semestre del 2005, al di sotto dei 7 miliardi di euro, in termini reali, per cui tutti i progressi ottenuti con la buona performance dello scorso anno sono al momento annullati. Tutto senza dimenticare che il 2004 era stato un anno di recupero, rispetto alle flessioni intervenute negli anni 2001, 2002 e 2003. Insomma, ancora troppo spesso stretta fra gli eventi climatici e quelli di mercato praticamente senza controllo, l'agricoltura del Paese - sa le sue parti di nicchia come il biologico, ma anche il resto - non riesce a trarsi d'impaccio e ad imboccare una strada forte per il suo rilancio.