Rubriche

Il «Mercoledì» di Eliot parte da Cavalcanti e si ferma nel metrò

Cesare Cavalleri mercoledì 20 gennaio 2016
Al centro della raccolta poetica di Daniele Gigli, Fuoco unanime (Raffaelli Editore, pp. 96, euro 12), c'è una «traduzione esecuzione» di Mercoledì delle ceneri di T. S. Eliot, e questo basterebbe a rendere memorabile il libro. «Esecuzione» non nel senso di esecuzione capitale (come certe traduzioni che decapitano l'originale), ma in senso musicale, come un direttore d'orchestra che "interpreta" lo spartito musicale ad mentem auctoris.Il confronto con la traduzione ormai classica di Roberto Sanesi (1961), che ebbe l'avallo dello stesso Eliot, è inevitabile e il merito di Gigli è di averci dato un testo italiano del tutto autonomo, diverso. Un riscontro puntuale sarebbe istruttivo, ma in questa sede sono consentiti solo pochi esempi.Nell'incipit, Eliot traduce in inglese il primo verso della Ballatetta di Guido Cavalcanti, e Sanesi aveva riportato l'originale italiano: «Perch'i' non spero più di ritornare»; Gigli, invece, traduce l'inglese eliotiano e rende così: «Poiché non spero più di ritornare». Ottime le ragioni di entrambi: filologiche quelle di Sanesi, opportune in un testo che accoglie, fra le altre, citazioni di Shakespeare, Dante, Pascal, oltre che dalla Bibbia; più congrua all'italiano corrente dell'intero poemetto, la scelta di Gigli.Nella «Parte V» Sanesi non rispetta la differenza eliotiana tra word (minuscolo) e Word (maiuscolo), che Gigli evidenzia con «parola» e «Verbo»: «If the lost word is lost, if the spent word is spent / If the unheard, unspoken / Word is unspoken, unheard; / Still is the unspoken word, the Word unheard, / The Word without a word...». Sanesi: «Se il verbo perduto è perduto, se il verbo speso è speso / Se il verbo non detto e non udito / È non udito e non detto; / Sempre è il verbo non detto, il Verbo non udito / Il Verbo senza parola...»; Gigli: «Se la parola persa è persa, se la parola spesa è spesa / se non udita, se non detta/ la parola non è detta e non udita. / Ferma è la parola non detta, il Verbo non udito / il Verbo senza una parola...».Singolare che Sanesi abbia tradotto On my legs, my heart my liver» con «Delle mie braccia e del mio cuore e del mio fegato», mentre legs sono indubbiamente «gambe», come Gigli asseconda. Tuttavia preferisco, nella vertiginosa terza parte del poema (quella con la lotta del demonio delle scale), la «rampa» delle seconda e terza scala (Sanesi), rispetto al «giro» di Gigli.Chiedo scusa per la pignoleria, ma dal 1961 ogni liturgico «Mercoledì delle ceneri» leggo Ash-Wednesday, capolavoro assoluto del Novecento (e oltre) al quale mi sono lungamente applicato.In Al piano mezzanino, Gigli trasferisce Eliot a Milano, in metropolitana, e ci dà un poemetto in cui si sentono Prufrock, Rhapsody, e gli Hollow Men, con il coraggio di sfidare il Maestro, spiegando negli Appunti che il suo è «un tentativo di cogliere gli istanti di intersezione del senza tempo nel tempo», e ammettendo: «Lo so: lo ha già fatto Eliot, e forse meglio: ma non si può resistere a tutto». L'onestà di dichiarare le proprie fonti è civilissimo gesto che avvalora la novità nella tradizione.Il poemetto eponimo è il più originale, e il Fuoco unanime è fuoco del desiderio, ma anche «fuoco ustorio del silenzio», «fuoco che consuma il gelo» invocato in preghiera.Nella Postfazione, Francesco Napoli riconosce come «cifra decisamente alta e intelligentemente racchiusa per contrasti» la predilezione di Gigli per «l'attrito tra lessemi giustapposti»: cuore-ghiaccio, pietra-luce, acqua-marmo, azzanna-gola, fuoco-arancio, che «oltre ad espandere l'implicito valore semantico dei singoli provoca una compenetrazione di sensi che ottengono gli effetti desiderati in piena consapevolezza». Molto ben detto.