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Il Vangelo va «praticato» come accoglienza e aiuto

Salvatore Mazza sabato 17 luglio 2021
Nell'annoso dibattito sulle radici cristiane dell'Europa credo che non si sia mai sottolineato abbastanza come esse, più ancora che attraverso la predicazione, si siano ramificate in maniera molto concreta grazie alle opere di misericordia, corporali e spirituali. Cioè come conseguenza dell'applicazione del Vangelo vissuto come l'assistere in tutti i modi i pellegrini, gli ammalati, i bisognosi, che si diffuse a macchia d'olio lungo le grandi rotte che unirono il continente in direzione dei santuari: la via Francigena nei suoi diversi rami, il cammino di Santiago e ancora a sud, verso Gerusalemme.
Un'accoglienza che non faceva distinzione tra pellegrini e semplici viaggiatori, offrendo sostegno e conforto a tutti, senza eccezioni. Benedetto XVI, ricevendo all'inizio 2007 la Confederazione delle Misericordie d'Italia, volle sottolineare «quanto è importante che anche oggi, anzi specialmente in questa nostra epoca segnata da tante sfide umane e spirituali, i cristiani proclamino con le opere l'amore misericordioso di Dio! Ogni battezzato dovrebbe essere un "vangelo vissuto". Tante persone, infatti, che non facilmente accolgono Cristo ed i suoi esigenti insegnamenti, sono però sensibili alla testimonianza di quanti comunicano il suo messaggio mediante la testimonianza concreta della carità. L'amore è un linguaggio che giunge diretto al cuore e lo apre alla fiducia. Vi esorto allora, come faceva san Pietro con i primi cristiani, ad essere sempre pronti "a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi"».
Un concetto, e un impegno, che è o dovrebbe essere fondamentale, irrinunciabile per ogni cristiano. E che Papa Francesco ha con forza ribadito domenica scorsa, nella riflessione che ha preceduto la recita dell'Angelus, guidato dal Policlinico Gemelli dov'era ancora ricoverato in conseguenza dell'intervento a all'intestino. Richiamando il brano del Vangelo di Marco in cui si narra che i discepoli di Gesù, inviati da Lui, «ungevano con olio molti infermi e li guarivano», ha infatti sottolineato come «questo "olio" ci fa pensare anche al sacramento dell'Unzione dei malati, che dà conforto allo spirito e al corpo».
Ma questo "olio", ha quindi aggiunto, «è anche l'ascolto, la vicinanza, la premura, la tenerezza di chi si prende cura della persona malata: è come una carezza che fa stare meglio, lenisce il dolore e risolleva. Tutti noi, tutti, abbiamo bisogno prima o poi di questa "unzione" della vicinanza e della tenerezza, e tutti possiamo donarla a qualcun altro, con una visita, una telefonata, una mano tesa a chi ha bisogno di aiuto. Ricordiamo che, nel protocollo del giudizio finale
una delle cose che ci domanderanno sarà la vicinanza agli ammalati».
Di qui Francesco ha trovato lo spunto per mettere di nuovo l'accento sull'importanza di un servizio sanitario gratuito, «che assicuri un buon servizio accessibile a tutti. Non bisogna perdere questo bene prezioso. Bisogna mantenerlo! E per questo occorre impegnarsi tutti, perché serve a tutti e chiede il contributo di tutti. Anche nella Chiesa succede a volte che qualche istituzione sanitaria, per una non buona gestione, non va bene economicamente, e il primo pensiero che ci viene è venderla. Ma la vocazione, nella Chiesa, non è avere dei quattrini, è fare il servizio, e il servizio sempre è gratuito».