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Il tramonto dei Lumi. La letteratura francese secondo Vannicelli

Cesare Cavalleri mercoledì 1 novembre 2017
Provocatoria fin dal titolo, Il tramonto dei Lumi, la Storia della letteratura francese da Chateaubriand a Houellebecq, di Andrea Vannicelli (Gog, pagine 476, euro 17,00), si raccomanda per originalità di giudizio, organizzazione delle scelte e felicità di scrittura.
Prendere come capostipite Chateaubriand per i letterati francesi degli ultimi due secoli significa constatare (è la tesi dell'autore e non si saprebbe come dargli torto) che il decantato razionalismo francese non ha fatto scuola in una letteratura che ha preferito nutrirsi delle Memorie d'oltretomba, il romanzo che ha introdotto «una dimensione nuova nella letteratura francese: quella della nostalgia», anziché del Candide di Voltaire.
Da Chateaubriand, con «Balzac, il creatore», e con Baudelaire «cantore della bellezza del male», si può costruire una genealogia che, dal rifiuto del Positivismo che caratterizza la Belle Époque (Anatole France, Maurice Barrès, Marcel Proust), scende agli «anni folli» di Paul Claudel («tra cielo e terra»), André Gide («l'immoralista»), Paul Valéry («il geometra della notte»).
«L'entre deux guerres» è scandito dal Surrealismo, da Bernanos, Céline, Mauriac, da Malraux «la cui opera è costruita sul mito dell'intensità». Il secondo dopoguerra è dominato dall'esistenzialismo fenomenologico di Sartre, dalla rivolta intellettuale di Camus, fino all'École du regard e al Nouveau roman di Alain Robbe-Grillet, Michel Butor, Marguerite Duras, Nathalie Serraute. Vannicelli riserva grande attenzione anche alla poesia: dà a Saint-John Perse il molto che è di Saint-John Perse, ma non trascura Jacques Prévert, René Char, Francis Ponge, Pierre Emmanuel, Jules Supervielle e non solo.
Il Postmoderno è esemplificato da tre Nobel recenti: Claude Simon premiato nel 1985 perché «nei suoi romanzi combina la creatività del poeta e del pittore con una consapevolezza profonda del tempo nella rappresentazione della condizione umana»; Jean-Marie Gustave Le Clézio, Nobel 2008 come «autore di nuove partenze, avventura poetica ed estasi sensuale, esploratore dell'umanità oltre e sotto la civiltà regnante»; Patrick Modiano, Nobel 2014 «per l'arte della memoria, con la quale ha evocato i destini umani più inafferrabili e svelato la vita reale durante l'Occupazione». Nonostante il fiato corto delle motivazioni dell'Accademia svedese, questi riconoscimenti confermano il prestigio di cui la letteratura francese tuttora gode a livello internazionale.
Abbiamo repertoriato scrittori e poeti per assicurare che nel libro - che è pur sempre una storia della letteratura - i nomi giusti ci sono tutti. Quel che conta, però, è l'angolazione da cui sono raccontati: trattandosi di un testo per italiani, sono illuminanti i raffronti con la nostra letteratura, e Guillaume Apollinaire già nel 1915 aveva potuto scrivere: «Italia / Tu nostra madre e nostra figlia / qualcosa come una sorella». Tipicamente francese, tuttavia, l'importanza che viene data alla «nozione di struttura e a quella di conservazione di quel patrimonio nazionale che è la lingua: il lessico, la sintassi, l'ortografia sono valori consacrati da secoli di studi e persino da decreti legislativi firmati dal presidente della Repubblica francese». «Né il Surrealismo né il Sessantotto», osserva Vannicelli, «con la loro carica trasgressiva e demolitoria, sono riusciti a scalfire un'eredità che rimane patrimonio comune dell'Europa (e dell'umanità)».
Talché è opportuno concludere con una citazione di Le Clézio, dal discorso di accettazione del Nobel: «Il linguaggio è l'invenzione più straordinaria dell'umanità, quella che precede tutto, condivide tutto. Ma questa invenzione, senza l'apporto dei locutori, diventa virtuale. Può diventare anemica, ridursi, scomparire. Gli scrittori, in una certa misura, ne sono i guardiani. Quando scrivono i loro romanzi, le loro poesie, il loro teatro, essi fanno vivere il linguaggio. Lo celebrano, lo perfezionano, lo trasformano, perché il linguaggio è vivo grazie a loro e accompagna le trasformazioni sociali o economiche della loro epoca».