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Il traforo del San Gottardo scava sotto l'Europa che crolla

Gloria riva giovedì 23 giugno 2016
Con una cerimonia, tanto spettacolare quanto bizzarra, si è inaugurato all'inizio di giugno il tunnel del San Gottardo, la galleria ferroviaria più lunga del mondo. Lo sdegno per l'ambiguità della rappresentazione è rimbalzato su varie testate giornalistiche, italiane ed estere, e su diversi siti internet. In effetti, sotto gli occhi impassibili delle maggiori autorità svizzere ed europee, sono sfilati streghe e stregoni, un caprone-stambecco, personificazione del diavolo; uomini e donne in biancheria intima che si contorcevano simulando una sorta di orgia rituale; operai che marciavano quasi telecomandati; altri che cadevano precipitando nel vuoto e che, morendo, si trasformavano in angeli danzanti; il tutto poi, condito da immagini inquietanti proiettate su uno schermo immenso. Le voci di quanti vogliono la cerimonia espressione satanica e massonica si contrappongono a quelle di chi, con amara ironia, dipinge lo spettacolo come semplice rivisitazione dell'iter di costruzione del tunnel, mescolata a leggende legate a un ponte della zona (Teufelsbrücke, ovvero ponte del Diavolo) costruito niente meno che dal demonio. Insomma: chi grida allo scandalo del rito satanico, chi alla bufala. La verità, però, sta nel mezzo e dietro a tali polemiche si cela il volto inquietante della nostra società allo sfascio.Trovo il giudizio più chiaro non tanto nel mondo del web o del giornalismo europeo, quanto dentro la storia. Francisco Goya, negli ultimi decenni della sua vita, era stato protagonista di qualcosa di molto simile. Egli, il 27 giugno del 1798, presenta alla duchessa di Osuna la fattura per un ciclo di otto tele, note come le Stregonerie per l'Alameda. Una di queste s'intitola: Il grande Caprone e, ironia della sorte, sembra la riproduzione pittorica della cerimonia del San Gottardo. Un gruppo di streghe, alcune in abiti succinti, offrono bambini come vittime sacrificali a Satana che, sotto le spoglie di un Caprone, domina la scena ordinando il rito. Dal dipinto trapela lo sguardo ironico verso l'assurda cecità delle classi colte spagnole. Infatti, mentre gli eventi tragici relativi alla Rivoluzione francese squassavano la vicina Francia, l'aristocrazia spagnola si compiaceva di far duellare ragione e irrazionalità, satanismo e antiche superstizioni popolari.Non è lo spaccato di certa nostra classe politica e dirigenziale? Mentre il mondo è in fiamme, ci si trastulla con antichi miti mescolati a evidenti simboli massonici (come l'occhio imperioso che tutto guarda e dirige) e si usano teatralità e tecnologia per rievocare antichi spiriti a dispetto delle mille risorse della cultura europea che avrebbero, a buon titolo, potuto allietare gli ospiti dell'importante inaugurazione. E intanto, sotto pretese rievocazioni di miti popolari, si lascia trionfare la cultura esoterica ed edonistica che domina ormai i salotti più in vista dell'Europa.Nell'opera di Goya, le vere vittime sono i bambini, offerti come carne da macello al potere occulto. Anche da questo non siamo molto distanti: sui canali YouTube abbondano, a disposizione dei piccoli, le immagini della cerimonia che tutto evocano fuorché l'innocua leggenda di un diavolo che costruisce un ponte agli uomini incapaci, ma vuole in cambio un'anima. E se anche il rimando fosse palese, il parallelo con la leggenda resta illuminante: forse per i nostri contemporanei, la superba opera di un traforo di 57 km, che rende più agevoli le comunicazioni fra il sud e il nord Europa, pare impossibile all'uomo. E, pur di non tirare in ballo i doni d'intelligenza e capacità e risorse che Dio ha dato all'uomo, si fa ricorso al diavolo e al suo potere per inaugurarla.Francisco Goya Il grande
caprone, 1797-98, olio su tela, cm 44x31, Museo Lázaro Galdiano,