Rubriche

Il senso più inquietante

Anna Foa giovedì 15 agosto 2013
Mi sono sempre domandata quale sia il movente delle spie. Non intendo gli agenti segreti alla James Bond o alla Le Carré, ma coloro che denunciano e tradiscono i loro compagni di lotta o i loro parenti ed amici, come Celeste Di Porto, la ragazza ebrea che denunciò tanti suoi correligionari durante l'occupazione nazista a Roma. Leggendo i verbali processuali e le denunce, emergono molte spiegazioni interessanti. Primo movente è quello dei soldi, ma non solo. Spesso, i soldi sono collegati ad una vita di lusso, priva di limiti, la cocaina o il gioco per Pitigrilli, la spia dell'Ovra, i gioielli e le cene al ristorante per Celeste Di Porto. Ma c'è qualcosa di più torbido, un misto di senso di onnipotenza e di voluttà di denuncia. Anche in alcuni interrogatori della polizia fascista, in cui colui che viene interrogato decide di denunciare gli altri, si percepisce una volontà netta di nuocere. Di tutti questi moventi, il senso di onnipotenza è il più inquietante e lo troviamo in molte spie che denunciavano gli ebrei nella Roma occupata: ad alcuni elargivano salvezza, ad altri deportazione e morte, ad libitum. Quando l'uomo si crede Dio, in una situazione in cui può molto, molto grande è anche il male che può fare.