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Il ritorno moderno della retorica

Fabrice Hadjadj domenica 9 aprile 2017
Il talento retorico a volte non ha prezzo. Per esempio, se hai commesso un crimine, e ti processano, esso ti permette di convincere i giudici che sei effettivamente colpevole e che meriti un castigo esemplare. Oppure, se sei attirato da una donna che non è la tua, ti fa trovare le parole dolci e giuste che la costringeranno irresistibilmente a non sottostare alle tue voglie e a respingerti il più lontano possibile. È quanto spiega Platone nel Gorgia. L'arte di persuadere ha valore soltanto se è ordinata alla verità e al bene, altrimenti il suo potere diventa un'impotenza, come l'avere un revolver e non sapersene servire, se non sparando a casaccio su qualsiasi cosa e specialmente su sé stessi o sui propri familiari. La lezione di Aristotele sullo stesso argomento è leggermente differente: «Non è esatto dire, come fanno alcuni di quelli che si sono occupati di retorica, che la probità dell'oratore non contribuisce in nulla a produrre la persuasione; al contrario, è dal carattere morale che il discorso trae la sua forza di persuasione più grande». In materia di testimonianza, l'ingenuità, l'evidente sincerità di chi parla sono più eloquenti di tutte le abilità dell'eloquenza. Niente è più persuasivo dell'apparire come un uomo semplice e buono, e non come un seduttore. La virtù rende più fiduciosi di quanto non faccia la virtuosità. Oltre un certo livello, del resto, la virtuosità diventa controproducente. La sovrabbondanza di figure di stile, come sulle montagne russe, comincia con il suscitare una piacevole vertigine e finisce per dare la nausea. La bocca d'oro si trasforma in bocca impastata. Il brio offusca la luce. Una sera, dopo una conferenza pubblica nella quale – la mia modestia stessa mi ordina di confessarlo – ero stato un oratore particolarmente bravo, un amico emise questo verdetto abbastanza rude: «Sei stato talmente brillante che mi sono detto che avresti potuto difendere altrettanto bene la tesi contraria…». Gli oratori più abili nella retorica tengono conto di questo genere di inconveniente. Sapendo che «tutta l'eloquenza si riduce a commuovere» (In flectendo vis omnis oratoris – Cicerone), essi hanno l'accortezza di inserire qualcosa di maldestro, fingere un'emozione, manipolare i toni del patetico per sembrare sensibili e spontanei: un brusco cambiamento di tono come per fare una confidenza, il tremito nella voce, il balbettamento, l'improvviso mutismo, le lacrime… Il logos, l'ethos e il pathos non sono più le dimensioni fondamentali della vita umana, ma gli ingredienti di una ricetta. Bruno Giussani, direttore di TED Europa, lo riconosce suo malgrado: «Non c'è un metodo specifico per parlare in pubblico. La chiave del successo, è l'autenticità». Frase che afferma il primato del vero, ma subordinandolo al successo della comunicazione, al punto che anche la critica dei procedimenti della retorica può diventare un procedimento retorico. Il divertente «How to sound smart in your TEDx talk » smaschera così i trucchi di queste presentazioni che si moltiplicano su YouTube; ora, succede che questo sketch è diffuso su YouTube ed è dato nel quadro di un conferenza TED a New York. È probabile che il mio lettore non sappia cosa sia TED. Questo acronimo che pare un nome simpatico nasconde le parole Technology, Entertainment and Design. La santa trinità postmoderna, in qualche modo. È gestita dalla fondazione Sapling, (parola che vuole dire “giovane albero”) e il suo scopo non lucrativo, che frutta decine di milioni di dollari, è offrire una «piattaforma per i thinkers i più intelligenti, i visionnaires migliori e i professori più inspiring affinché milioni di persone possano acquisire una comprensione più profonda dei più grandi problemi che il mondo deve affrontare e il desiderio di collaborare alla creazione di un avvenire migliore». Sotto il motto «ideas worth spreading – idee che meritano di essere diffuse», la fondazione organizza le conferenze TED e rilascia il suo marchio e i suoi metodi alle imprese che pagano per sposare il suo formato «meno di 18 minuti per convincere», molto vicino allo stand-up degli umoristi. I TED talks proliferano ormai più dei funghi. Alcuni parlano di un “McDonalds dello scibile” o di un “capitalismo cognitivo”, con un tasso di crescita annuo del 56%. Il sociologo Stéphane Hugon giudica che tale espansione si fonda essenzialmente sull'«abbassamento di credibilità delle istituzioni classiche come la scuola, lo stato e la chiesa, grandi perdenti della postmodernità». L'attuale direttore di TED, Chris Anderson, aveva in precedenza lanciato la rivista “PC gamer” e anche l'enorme sito di videogiochi ign.com. Oggi pubblica Il migliore discorso della tua vita. Come imparare a parlare in pubblico. Per lui, prender la parola è come una presa di judo che mette l'interlocutore a terra; e ovviamente la parola deve difendere l'innovazione tecnologica e la «nuova rivoluzione industriale» (titolo di un altro dei suoi libri). Diffondere le idee su scala mondiale attraverso Internet e nella forma di un one-man-show è, in se stessa, un'idea abbastanza discutibile. Essa celebra nel nome dello scibile le nozze della Tecnologia e del Divertimento. Soprattutto essa tende ad escludere la discussione, poiché la sua forma è quella del monologo, la lunga e lenta meditazione di un opera maestra, un pensiero il cui sviluppo supera un terzo della durata di un episodio di una serie americana. Infine, attraverso la figura del conversatore solitario in scena che conquista il suo pubblico, essa esalta l'immagine liberale dell'auto-imprenditore. E tuttavia questo modo di promuovere le tecnologie dà atto dell'inferiorità rispetto a una tecnica molto antica, quella della buona vecchia retorica. Le innovazioni ci allettano soltanto grazie a questa tradizione. Anderson stesso lo ammette: «Viviamo un autentico rinascimento della parola in pubblico. Dato che i discorsi possono attirare adesso un pubblico mondializzato, gli speakers innovano in molti modi diversi. Ma tutto ciò sfrutta qualcosa di primordiale che risale agli antichi raggruppamenti intorno ai fuochi». Così l'elogio delle nuove tecnologie dipende da risorse che provengono del paleolitico. Ed è subordinato a un'arte che rimonta alla più profonda antichità. Per persuadere che l'avvenire sta nell'intelligenza artificiale, è ancora necessario questo corpo umano che parla, si agita, commuove, credibile e incredibile, naturale nei suoi artifici. Ci vogliono dunque i talenti di Demostene.