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Il prigioniero della tv senza zapping

Pier Giorgio Liverani domenica 12 febbraio 2012
«Non mi sembra giusto che gli italiani non cattolici siano ridotti in alcune circostanze allo stato di "captive audience", espressione inglese che definisce una platea composta da persone "prigioniere", vale a dire uomini e donne che devono assistere a uno spettacolo scelto da altri. È quello che accade quando la televisione trasmette la messa domenicale o registra fedelmente tutte le apparizioni papali, anche quando non trasmettono alcuna informazione». Per la terza volta e in nome della solita "laicità" (meglio, laicistà) dello Stato, l'ambasciatore Sergio Romano ci spiega (Corriere della sera, 29 gennaio) in che cosa consista l'informazione religiosa televisiva «in uno stato laico e liberale» per non far sentire i non credenti in una prigionia mediatica. Non ce n'era bisogno, ma la sua obiezione ci consente, sulla base della laicità autentica, alcune osservazioni. Per esempio, che la vera laicità è accogliente – anche se in modo distaccato – di tutto ciò che è "altro" e a nulla aprioristicamente avversa; che, per coerenza, l'ambasciatore dovrebbe sentirsi prigioniero dello schermo anche dinanzi ai programmi radiotelevisivi di protestanti ed ebrei, di cui invece tace; che dovrebbe chiedere di demolire non dirò la Basilica di San Pietro, che è in uno Stato estero e teocratico, ma le oltre 350 chiese di Roma, e la bellissima moschea di Villa Glori; di cambiare il nome di Santi alle migliaia di Comuni che così s'intitolano (come fece la dittatura comunista con San Pietroburgo, nome subito ripristinato appena caduto il regime); rifiutare la domenica e le feste di Natale, restituire la croce (ohibò!) di Commendatore della Repubblica, tenersi il più lontano possibile dalla Cappella Sistina, far mandare nelle cantine dei musei i capolavori a soggetto religioso e, magari, evitare gli in-croci stradali. Nemmeno tutto ciò, come dice lui di certe «apparizioni» del Papa, è notizia. E che vuol dire «spettacoli scelti da altri»? Tutto quello che si vede in tv e per strada è «scelto da altri». O al Papa il dottor Romano preferisce certi programmi stupidi o di pessimo gusto propinatici dalla tv di Stato? Non ha ancora imparato che cosa vuol dire zapping?

IL CASO O L'ERRORE?
«La catena di eventi e processi biologici necessita – perché l'evoluzione non si arresti – di errori di "copiatura" nella trascrizione dell'informazione dal Dna all'Rna messaggero, cioè nella fase intermedia verso l'attivazione delle proteine e del differenziamento cellulare». Così il celebre fisico e biologo genetista Edoardo Boncinelli spiega, nel suo ultimo libro, l'evoluzione degli esseri viventi, che il Corriere della sera (mercoledì 8) sintetizza efficacemente nel titolo "La vita si evolve per errore". Dopodiché tra evoluzione per caso ed evoluzione per errore non potremo nemmeno tirare a sorte. Ad ogni modo Sandro Modeo ci garantisce che il libro di Boncinelli, da lui presentato, «non ha nulla di antireligioso o anticlericale». Però s'intitola: "La scienza non ha bisogno di Dio".

NO ALLA VITA
Domenica scorsa, come i lettori sanno bene, era la Giornata per la Vita. Naturalmente i grandi quotidiani, quelli della completezza dell'informazione, hanno osservato il più rigoroso silenzio e non per rispetto. Soltanto La Stampa ne ha dato notizia, ma in una edizione locale. Al contrario, almeno 61 quotidiani locali se ne sono occupati. Dai più piccoli una lezioncina di corretto giornalismo ai grandi.