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Il petroliere ora punta sul vino

Vittorio Spinelli sabato 17 settembre 2005
Dal petrolio al vino, dai formaggi alla mafia. Non si tratta di rapporti pericolosi e improbabili, ma della semplice registrazione di alcuni fatti di cronaca degli ultimi giorni associati dal comune denominatore dell'agricoltura e del suo significato economico. Fatti apparentemente diversi che, invece, nascondono un filo rosso comune: l'agricoltura che molti relegano ancora in un ambito bucolico e quasi irreale, è invece profondamente legata all'economia
e alla società attuali. Nel bene e nel male. è notizia di questi giorni, per esempio, che Roman Abramovich - un giovane magnate del petrolio russo, salito anche alla ribalta internazionale per aver acquisito e rilanciato il Chelsea, vale a dire la più importante squadra di calcio di Londra - guarda con sempre maggiore interesse all'Italia del vino e presto potrebbe darsi anche alla carriera di viticoltore, pensando di acquistare una propria azienda e
di iniziare a produrre vino e olio. Una spesa magari di poco conto per chi pare possegga un patrimonio pari a 14 miliardi di dollari, ma significativa dell'immagine d'elite che i campi nostrani ancora detengono. Un'immagine di quelle che tutto il mondo ci invidia, e che si completa con i numeri da capogiro collegati ai vini d'alto rango, ai prodotti di pregio che esportiamo e, per contro, ai miliardi di euro di danni che l'agropirateria, copiando i più bei nomi alimentari, provocherebbe ogni anno alle nostre imprese. Un'immagine che, tuttavia, cozza pesantemente contro altri aspetti della nostra agricoltura che ancora oggi esistono. Basta pensare alla vera e propria palla al piede degli imprenditori di molte aree del Mezzogiorno creata dalla mafia e più in generale dalla criminalità organizzata. Ma, senza andare su temi così drammatici, è sufficiente pure ricordare quanto la zootecnia italiana stia ancora pagando, in termini di ristrutturazione della produzione e quindi di chiusure aziendali, a seguito della brutta vicenda delle quote latte mai rispettate per molti anni. Oppure di quanto ancora occorra fare dal punto di vista della commercializzazione dei prodotti. Eppure, l'agricoltura dello Stivale è invidiata da molti e continua a mietere successi. Sempre il vino, da questo punto di vista è uno dei prodotti più significativi visto che le sue esportazioni sono una delle voci di spicco della bilancia alimentare nazionale, ma su cui occorre tenere sempre sollevata la guardia. Proprio in questi giorni i produttori hanno infatti valutato con perplessità l'accordo Ue-Usa sulle denominazione dei vini che aprirebbe la strada a solenni "copiature" dei più bei nomi della vitivincoltura nazionale. Ed è possibile anche ricordare altri prodotti come i formaggi il cui mercato - secondo Coldiretti - è cresciuto del 3% in quantità e vale una spesa di 5 miliardi di euro per consumare 632 milioni di chilogrammi di prodotto. Luci e ombre, quindi, si alternano sui campi e sulle stalle italiane: tutto sta nel far crescere le prime più delle seconde.