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Il patrimonio culturale risorsa nel dopo-Covid

Gianfranco Marcelli martedì 20 ottobre 2020
Tra i molti danni causati dalla pandemia in atto, quelli subiti dal patrimonio culturale in tutti i Paesi europei non sono certo tra i meno gravi. Danni concreti e materiali, ma anche forti ricadute negative “immateriali”. Da un lato musei, biblioteche, teatri e cinema chiusi, siti di grande valore architettonico e paesaggistico lasciati talora a se stessi o a una custodia insufficiente, opere di restauro e recupero interrotte. Il tutto con pesanti ricadute economiche. Dall'altro lato progetti e opere artistiche di ogni genere sospese, iniziative di formazione e aggiornamento nelle più diverse discipline bloccate, talora con profonde crisi di “creatività” denunciate dagli autori stessi, specie nelle fasi di lockdown.
Tuttavia è nella natura dell'opera artistica, come di ogni altra attività culturale, il saper utilizzare anche i momenti di difficoltà e di smarrimento per rialzare la testa e ripartire. Fino a trasformare gli eventi avversi e negativi in occasioni di crescita e di creazione nuova, capaci di incrementare ulteriormente il patrimonio esistente e di trarne vantaggio e arricchimento, anche materiale, per la comunità di appartenenza. Di esempi del genere è piena del resto la storia dell'ingegno umano, in particolare di quello del Vecchio Continente.
A credere che il virus potrà non essere solo una iattura per la cultura europea è l'organizzazione Europa Nostra, che la settimana scorsa ha presentato a Bruxelles un documento di trenta di pagine, dal titolo “Covid-19 e oltre: sfide e opportunità per il patrimonio culturale”. La ricerca, che ha coinvolto istituzioni, Ong, enti pubblici e università di 20 Paesi membri, è stata avviata a fine marzo, mediante un denso questionario. Vi si chiedeva di valutare l'impatto della pandemia e delle misure adottate nell'ambito del patrimonio culturale, degli interventi ritenuti necessari per la sua difesa e rilancio, ma anche il contributo in positivo che l'investimento in questo settore potrà dare alla ripresa sociale ed economica dell'Europa a emergenza conclusa.
Oltre a offrire una panoramica complessiva degli effetti, immediati e a medio-lungo termine, del virus sul personale (dai 15 ai 30 milioni di addetti colpiti sul piano occupazionale), sui siti, sulla sicurezza di chi vi opera e di chi li visita, il lavoro valuta alcune implicazioni socio-economiche e finanziarie dell'evento, purtroppo tuttora in corso. Si riferisce, ad esempio, il calcolo dell'International Council of Museums, che parla di 3 miliardi di euro persi dal comparto in Italia e di quasi un miliardo in Spagna. Le restrizioni ai movimenti, inoltre, sembrano aver comportato per l'intero “ecosistema” culturale europeo (fra turismo e altre attività) una caduta di oltre il 70 per cento del reddito nel secondo quadrimestre.
Ma infine il “paper” di Europa Nostra prova a proiettarsi in avanti, stilando un dettagliato elenco di raccomandazioni per individuare metodi, interlocutori comunitari, programmi e piattaforme Ue già attive, che possano supportare azioni di rilancio efficaci. Occhi puntati, in particolare, sui fondi del Next Generation Eu, dai quali ci si attende una spinta decisiva alla ripresa. Molto appropriati, tra l'altro, appaiono consigli e indicazioni nell'area della digitalizzazione, come pure azioni per mantenere collegamenti stabili fra le numerose “reti” che operano in tutta l'Unione.
L'idea di fondo, molto condivisibile, è che la ricchezza e lo spessore storico del patrimonio culturale europeo, se bene impiegato, potranno garantire in futuro un forte e costante moltiplicatore delle risorse che vi verranno destinate. Con un “ritorno” sicuro in termini finanziari, ma soprattutto per la crescita civile delle nostre popolazioni.