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Il nome fluttuante

Roberto Mussapi martedì 2 settembre 2014
«Qui giace uno il cui nome fu scritto sull'acqua». Questa la frase che il poeta John Keats scelse per congedarsi, giovanissimo, dal mondo. Compare sulla sua lapide a Roma, nel cimitero dietro la Piramide Cestia. Keats, nato nel 1895, venne nella grande capitale antica, dove morì a soli 26 anni. Sperava di mitigare, con il clima dolce e tiepido, la tisi che lo affliggeva. Era medico, conosceva bene la sua realtà. Il suo soggiorno, in Piazza di Spagna, dove è ancora visitabile la sua piccola dimora, fu una lunga degenza, assistito dall'affranto amico Severn. L'epigrafe che scrisse per riassumere la sua vita, la sua opera (vastissima e importantissima, nonostante l'età), è per certi versi sconvolgente, poiché sembra rovesciare l'idea che abbiamo della memoria. Che l'uomo affida alla pietra, alla lapide, alla stessa lapide di John Keats. Il quale al contrario afferma che il proprio nome - e per un poeta il nome è l'opera, quello è il suo documento d'identità e il suo autografo - fu scritto sull'elemento fluttuante. Nell'acqua è il principio della vita, nell'acqua il mistero della vita stessa. Quelle poche parole indicano la realtà di una vita e di un'opera poetica inafferrabile, sempre fuggente e sempre viva. Non il monumento, ma un incessante perdurare, un'eterna felicità nel movimento.