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Il Natale “dentro”, la speranza da accendere

Lucio Boldrin giovedì 30 dicembre 2021
Il Natale dovrebbe essere pieno di gioia, sorrisi e luci. In carcere, però, è da sempre un giorno malinconico e quest'anno anche di più. Tra le motivazioni, sicuramente, il prolungarsi della pandemia e le tante incertezze che si porta dietro, anche se cerchiamo d'illuderci che sia tutto nomale. Ad appesantire l'atmosfera, a un mese esatto dal Natale, la morte improvvisa di uno dei cappellani, don Roberto Guernieri: un infarto ha posto fine alla sua esistenza terrena a 62 anni, 28 dei quali vissuti al servizio dei detenuti e degli ultimi. Era sempre dalla loro parte, li sentiva e li amava come fratelli. Un punto di riferimento e di guida, don Roberto, anche per noi cappellani. La sua morte, oltre a essere un grande dolore, ci ha destabilizzati tutti e ha rallentato le varie iniziative in atto. Ma per onorarlo e ricordarlo al meglio cercheremo di portare avanti tutto quanto lui amava fare per aiutare i detenuti e farli sentire meno soli. Grazie di cuore, don Roberto, per l'esempio e il dono che sei stato per i detenuti e per me. I reclusi raccontano come il Natale possa diventare uno dei periodi più pesanti dell'anno. I pensieri e i sentimenti sono rivolti ai propri familiari lontani, ma anche al dolore provocato dai reati commessi. L'incontro e il colloquio di qualche ora nell'area verde, la videochiamata o la telefonata a casa per 10 minuti (quando va bene) non possono bastare a colmare quel vuoto di affetto che la carcerazione impone a chi è dentro e a chi è fuori. Questo ci fa capire una volta di più la necessità urgente di un miglioramento delle condizioni di vita all'interno del carcere, con l'incremento di attività sociali, lavorative, ricreative, e del contatto con il territorio. Anche il riconoscimento del diritto all'affettività è una questione da mettere in pratica se si vuole finalmente cominciare a parlare di dignità e umanità nelle carceri. Andrebbe inoltre bandita ogni presunzione legale di irrecuperabilità sociale, riconoscendo al condannato il diritto alla speranza, il solo motore in grado di promuovere atteggiamenti positivi, di autentico cambiamento. Concludo perciò con un saluto e un augurio per il Santo Natale e il nuovo anno, di ogni bene alle detenute e ai detenuti di tutte le case circondariali italiane: non perdete mai la speranza , impegnatevi a tirare fuori il meglio di voi stessi, a essere donne e uomini migliori quando uscirete. Con il proposito di non cadere più negli stessi errori, perché il carcere fa capire a tutti quanto di più importante si è perso. Un augurio anche a coloro che lavorano nelle carceri e alla Polizia penitenziaria: che il 2022 sia migliore, sotto ogni aspetto, e che il rispetto umano sia la base per migliorare tutti quanti insieme.
Padre Stimmatino, cappellano Casa circondariale maschile “Nuovo Complesso” di Rebibbia