Rubriche

IL MIELE DI TIMO

Gianfranco Ravasi venerdì 16 dicembre 2005
Non possiamo compiere atti di grande dolcezza e pazienza e preparare il miele delle virtù più eccellenti, finché non mangiamo il pane dell'amarezza e viviamo in mezzo alle angosce. Come il miele ricavato dai fiori di timo, piccola erba amara, è di gran lunga il migliore, così più eccellente tra tutte è la virtù che si esercita nelle amarezze più vili, basse e abiette. È, questa, una delle tante lezioni che ci ha riservato s. Francesco di Sales (1567-1622), vescovo, predicatore famoso e autore di scritti spirituali, tra i quali quell'Introduzione alla vita devota da cui abbiamo tratto la nostra citazione. Il messaggio è chiaro: come il miele di timo è il più fragrante e dolce, eppure proviene da un'essenza amara, così la virtù più alta non si affina se non attraverso l'esercizio aspro della prova e della sofferenza. L'antico motto latino cristiano Per crucem ad lucem o quello più "laico" Per aspera ad astra confermano la legge dello spirito secondo la quale si conquista la luce attraverso il percorso aspro e oscuro della fatica e dell'angustia. Discorso, certo, sgradito soprattutto ai nostri giorni nei quali si vuole
che tutto sia facile, a partire dalla stessa educazione dei ragazzi ai quali tutto si concede e poco si chiede. C'è, invece, un esercizio che è fondamentale ed è quello della formazione e dell'ascesi: parole quasi dimenticate e riservate al massimo ai campioni di certe discipline sportive, mentre dovrebbero essere il punto di riferimento di tutti. Anche perché è la vita stessa a rivelarsi come un impasto di prove e di soddisfazioni. Scriveva ancora s. Francesco di Sales: «La rosa tra le spine è per noi una dimostrazione: le cose più gradevoli in questo mondo sono frammiste a tristezza».