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Il made in Italy d'alto rango? Al sapore di tartufo

Andrea Zaghi domenica 8 marzo 2015
Qualche centinaio di milioni di giro d'affari, prezzi che possono arrivare anche a centinaia di euro all'etto, un mondo attorno. Sono le caratteristiche del comparto della tartuficoltura, nascosto ai più ma con un mercato di appassionati che non demordono nemmeno in tempi di crisi. E in effetti, a guardarlo meglio, quella della tartuficoltura è un settore certamente di nicchia ma che rappresenta una delle numerose attività collaterali alla produzione agricola in senso stretto che dà lavoro, profitti e fama a chi la segue. Senza dimenticare il fatto che proprio il tartufo fa parte pure del cosiddetto Made in Italy d'alto rango che traina altri prodotti più di massa.A guardarlo più da vicino, poi, quello del tartufo - bianco e nero, coltivato oppure cercato - è un po' un mondo che sta tra l'economia più all'avanguardia, con forti giri d'affari, e le tradizioni radicate nei territori d'elezione di questo prodotto. Così, se il mercato è caratterizzato da appuntamenti tradizionali e da aste seguite da tutto il mondo, la produzione e la raccolta del tartufo sono legate a storie personali, vicende di famiglia o di singoli che, alla fine, sono tutt'uno con la qualità del prodotto che si pone in vendita. Come quella di Virgilio Vezzola, nato semplicemente come appassionato di funghi e simili e arrivato adesso, dopo oltre 35 anni di lavoro, ad essere uno dei maggiori produttori ed esperti di tartufi in Italia oltre che presidente dell'associazione Tartufai bresciani. Esperto di così alto livello non solo da aver scritto libri sull'argomento (l'ultimo è Tartufi e tartuficoltura), ma anche da essere riconosciuto come "maestro" del settore un po' in tutta Europa. E con ragione, visto che quella del tartufo è una coltivazione a tutto tondo da prendere seriamente, con tanto di tecniche precise da seguire, di accorgimenti da mettere in campo e di calendari da rispettare. Storia e tradizione, dunque, ma anche, come si è detto, mercato d'alto rango e vivace. Basta pensare non solo al giro d'affari, ma anche al fatto che, stando alle ultime rilevazioni effettuate dai coltivatori diretti, alla fine del 2014 i prezzi all'etto (perché si parla di un prodotto così prezioso e costoso da essere venduto all'etto e non al chilogrammo) sono balzati in avanti anche del 50% in un solo mese, raggiungendo per il tartufo bianco quotazioni pari a 300 euro per 100 grammi (grosso modo come l'oro). Livelli massimi, certo, visto che per il tartufo nero si parla di prezzi anche molto più bassi, ma che danno un'idea ben precisa di cosa può muovere un prodotto di questo genere. Anche dal tartufo, dunque, passa la strada dell'agroalimentare nostrano, tutto da difendere soprattutto perché traina con sè un'economia importante e non solo "buona".