Rubriche

Il lusso pubblico

Alberto Caprotti domenica 20 settembre 2020
«Preferisco i mascalzoni agli imbecilli, perché ogni tanto si concedono una pausa...». Ai tempi di Alexandre Dumas, autore di questo pensiero senza scadenza, non esistevano i monopattini elettrici, e neppure le biciclette. Quelle pubbliche, noleggiabili senza riconsegna allo stallo intendo, che vanno molto di moda nelle nostre città. E che resterebbero un meraviglioso sistema di mobilità ecologica e condivisa, se solo non esistesse una percentuale di imbecilli che ne abusa. Vandalizzare una bici dopo averla usata solo perché non è nostra, oppure abbandonarla davanti a un cancello o nel mezzo di un marciapiede, come accade di vedere spesso, segna il confine tra ciò che siamo e ciò che meritiamo. L'uso disgiunto dal possesso è un lusso che dovrebbe essere riservato solo a chi sa conservarlo con cura e cautela. Invece la crescita del tasso di cafoneria, paragonabile solo a quella del nostro debito pubblico, è il prezzo che stiamo pagando per aver rinunciato al dovere di dare buoni esempi. Schivare una bici sbattuta di traverso per strada limitandosi a scuotere la testa di fronte alla villania altrui, ci rende quasi complici: rimetterla in piedi e accostarla a un muro dove non possa intralciare, resta invece l'unica forma di difesa possibile. Non basta a redimere l'imbecille, ma almeno libera il passo a chi ancora crede che il mondo si possa cambiare.