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Il logorio della vita postmoderna

Pier Giorgio Liverani domenica 25 maggio 2003
La crisi della postmodernità (così viene chiamata la nostra epoca) è, logicamente, culturale ed etica allo stesso tempo. Lo dimostra, fra le altre cose, il logorio stesso delle parole, cioè degli strumenti che usiamo per comunicare, ma che, falsate nel loro significato dalle ideologie, non sono più un terreno comune d'intesa, ma un muro che divide. Il caso del Manifesto, di cui si è occupato ieri il Direttore di Avvenire, ne è una prova. Per il «quotidiano comunista» (venerdì 23), la vita, la guerra e la pace - le parole e i relativi concetti - sono soltanto variabili politiche indipendenti. Il Papa, che «piace» solo quando sembra possibile e conveniente tentare di servirsene politicamente, dopo il discorso su aborto, guerra e fecondazione artificiale, è ora soltanto «il vecchio crociato». Quando le parole diventano stereotipi ideologici, non ci si accorge neppure del loro logorio: i crociati erano quelli che le guerre, giuste o sbagliate che fossero, le facevano. Il sì alla vita e il conseguente "no" alla guerra dei cristiani partono, invece, da un'idea dell'uomo ("simile a Dio" e, dunque, pacifico) che i comunisti, poverini, non possono capire. PAROLE A ROVESCIO Anche «strumentalizzare», «attacco» e «ideologico» sono parole logorate dal postmarxismo. L'Unità (venerdì 23) le usa senza accorgersene. Scrive: «La destra cattolica non perde occasione per strumentalizzare le parole del Papa e la complicata problematica bioetica per sferrare attacchi ideologici alla maternità». A parte la «destra cattolica», che in campo etico non ha senso, chi «sferra attacchi ideologici alla maternità» sono, in nome di un vecchio femminismo, i propugnatori dell'aborto come diritto. All'Unità la deputata ds Marida Bolognesi ha detto che «la 194 funziona e il bilancio è sicuramente positivo». Questo aggettivo, in Antilingua, vuol dire che l'uccisione legale di quattro milioni 200mila bambini più quella clandestina di almeno un altro milione più quella preventiva, grazie alle varie metodiche "contraccettive" normali e "di emergenza", di altri milioni di concepiti sono cosa buona: contributi a favore della maternità. FELICE BUDDA Riferisce il Corriere della sera (venerdì 23) che «sulla rivista "New Scientist" c'è la prova scientifica» che «i buddisti sono più felici». E spiega: «Il cervello del buddista presenta un livello nettamente più alto di attività nelle zone generalmente considerate i centri della felicità»: insomma, «sono costantemente accese». Buon per loro, anche se la felicità ridotta al riscaldamento elettrico del «lobo prefrontale sinistro» è ben povera cosa. E poi bisognerebbe spiegare perché mai si sarebbe felici nell'attesa di un «nirvana» che, in definitiva, è una non-condizione, un non-essere se stessi, una non-esistenza. POST LINGUE Un titolino di Liberazione (domenica 18) : «Due uxoriciti in poche ore». Che si tratti di cellule-mogli? Altra perla quattro giorni dopo: «L'iter parlamentare della legge di riforma del sistema di comunicazione procede lentu pede». Prima c'era il latino tardo, ora c'è anche quello sardo.