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Il caos vaccini e la psicologia del cittadino-genitore

Francesco Delzio sabato 11 agosto 2018
In questi giorni sotto gli ombrelloni non c'è probabilmente tema più discusso della questione vaccini. Il sentimento dominante è l'incertezza, che spesso diventa sconcerto e rabbia, per il caos informativo che caratterizza il tema. Cosa vuol dire "obbligo flessibile"? È ancora valida la lista obbligatoria dei dieci vaccini oppure è stata abrogata? E se è ancora in vigore, è necessario il certificato della ASL o è sufficiente un'autocertificazione?
Sono quesiti di straordinaria importanza perché incidono sul diritto alla salute e sulla delicatissima psicologia del cittadino-genitore, rispetto ai quali la maggioranza politica offre quotidianamente messaggi discordanti, discutibili e imprecisi. Peraltro è piuttosto difficile trovare nell'ombrellone a fianco un costituzionalista in servizio o in sonno, capace di spiegare a mamme e papà in apprensione che in realtà la "legge Lorenzin" è ancora in vigore. E che (salvo sorprese) lo sarà anche a settembre – al momento del rientro dei bimbi negli asili e nelle scuole – visto che la riforma a trazione "no vax" promossa dal nuovo Ministro della Salute Giulia Grillo è contenuta in un disegno di legge, che necessita dell'approvazione delle due Camere prima di diventare cogente.
Mentre infuria un singolare dibattito politico dominato dalla creatività di pensiero dissociata dalla scienza e mentre perfino i puristi della lingua si interrogano sul misterioso significato dell'ossimoro di nuovo conio "obbligo flessibile", nessuno dunque si preoccupa (e tantomeno il Ministero della Salute, che dovrebbe avere tra le sue competenze una corretta informazione sugli obblighi sanitari) di spiegare ai genitori che al rientro dalle vacanze i loro figli tra zero e sei anni non potranno accedere a nidi e materne se non saranno stati vaccinati, o almeno se non sarà stata già prenotata per loro presso l'Asl la somministrazione dei vaccini obbligatori. E che invece i figli da sei a sedici anni potranno accedere a scuola senza vaccinazione o prenotazione, rischiando tuttavia di subire una multa fino a 500 euro.
In questo caos il cittadino-genitore, dunque, cerca disperatamente risposte sul web e tra gli amici "ben informati". E non comprendendo perché la sua psicologia debba essere sottoposta a questo stress imprevisto e imprevedibile, inizia a chiedersi se la salute dei suoi figli sia messa a rischio più dall'assenza o dall'abbondanza di vaccini. Poi, se ha la fortuna di esercitare ancora la sua capacità critica, decide di uscire dai blog e dalle chat e di informarsi da fonti credibili. Scoprendo per esempio che l'Italia è l'unico Paese occidentale nel quale i "no vax" hanno assunto questa rilevanza politica e mediatica. E soprattutto che la comunità medica italiana e internazionale, pressoché all'unanimità, lancia continui allarmi contro i gravi rischi di un arretramento della strategia di prevenzione delle malattie infantili, difendendo l'importanza dei vaccini e della loro diffusione di massa.
A questo punto il cittadino-genitore può tornare sotto l'ombrellone. Rassicurato dal fatto che, nonostante tutto, nel nostro Paese esista ancora una legge che obblighi i figli (propri e degli altri) a vaccinarsi per andare a scuola.
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