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Il cangiante caleidoscopio di stili della «Missa» di Giulio Castagnoli

Andrea Milanesi domenica 11 luglio 2010
Da sempre attenta a tutto ciò che si muove nel panorama musicale italiano contemporaneo, l'etichetta discografica Stradivarius (distribuita da Milano Dischi) ha dato recentemente alle stampe un cd dedicato alla produzione vocale di Giulio Castagnoli (classe 1958), eclettico compositore la cui identità artistica viene così definita nelle note di copertina dell'album: «suo vicino di casa è Claudio Monteverdi, ma dall'altro lato della strada saluta la Cina d'epoca Tang e talvolta la sua mente trova dimora in un raga indiano o un melisma arabo...».
Differenti ed eterogenee sono dunque le sue fonti d'ispirazione, come dimostra la tracking list di questo disco, in cui troviamo affiancati i Tre canti pisani per sei voci, percussioni ed elettronica (su testo di Ezra Pound), il Madrigale guerriero e amoroso per sei voci e sei strumenti cinesi di tradizione (su un sonetto di Francesco Petrarca), il Cantico notturno per dodici voci, percussioni ed elettronica (su testi in greco, indiano navajo e cinese) e soprattutto la Missa Sancti Evasii per soli, coro, coro di ragazzi e orchestra di strumenti barocchi, scritta nel 2007 in occasione delle celebrazioni per i 900 anni della consacrazione del Duomo di Casale Monferrato.
Eseguita dall'Academia Montis Regalis e dalle formazioni corali Ruggiero Maghini e L'Opera dei Ragazzi dirette da Claudio Chiavazza, questa pagina sacra ci introduce nel cangiante caleidoscopio di stili, influenze e atmosfere sonore che caratterizza il linguaggio espressivo di Castagnoli: un'idioma multietnico e transculturale in cui riverberano echi di melodie andaluse e bizantine dal forte colore mediterraneo (Kyrie) e i lasciti della millenaria tradizione gregoriana occidentale (Introitus e Congedo), saettanti episodi strumentali (Sanctus) e oasi meditative di grande effetto (Offertorium), preziose ghirlande di intrecci vocali (Gloria) frammiste a richiami polifonici di stampo neo-palestriniano (Agnus Dei).
Un atto compositivo erudito e coraggioso, volutamente frammentario nella sua concezione, destinato a rappresentare un punto fermo nell'attuale contesto artistico-religioso del nostro Paese, stimolando riflessioni importanti sul rapporto tra musica e rito liturgico concretamente vissuto e partecipato.